Di Maio: "Reddito di cittadinanza agli stranieri? Non bastano cinque anni di residenza"
"L'obiettivo - spiega il vicepremier - è dare il sussidio agli italiani e ai lungo soggiornanti che abbiano dato un grande contributo al Paese"
A pochi giorni dalla messa a punto del provvedimento che introdurrà il reddito di cittadinanza non si conoscono ancora i requisiti di accesso alla misura di contrasto alla povertà, a partire dalla possibilità per gli stranieri residenti in Italia di ottenerlo. Il vicepremier Luigi Di Maio ha smentito la bozza circolata che prevede che la prestazione sia concessa anche a coloro che hanno un permesso di lungo soggiorno e risiedono in Italia da almeno 5 anni.
Di Maio ha quindi aggiunto che il governo cambierà la norma di "lungo soggiorno" che ora equipara gli stranieri agli italiani dopo 5 anni di residenza. Ma gli stranieri non saranno completamente esclusi visto che "l'obiettivo è darlo agli italiani e ai lungo soggiornanti che abbiano dato un grande contributo al nostro Paese".
Bisognerà attendere il testo per verificare come sarà sciolto il nodo, anche rispetto alle norme europee in materia. Da Bruxelles per ora non arriva alcun commento anche perché le regole europee su questo punto sono molte. Tra queste però anche la direttiva europea del 2003 (la 109) che chiarisce che "con riferimento all'assistenza sociale, la possibilità di limitare le prestazioni per soggiornanti di lungo periodo a quelle essenziali deve intendersi nel senso che queste ultime comprendono almeno un sostegno di reddito minimo" oltre all'assistenza sanitaria.
Bisognerà quindi vedere quale sarà l'interpretazione che verrà data, magari tenendo conto anche di altre norme, per vedere se si potranno escludere dal beneficio economico i cittadini comunitari e quelli extracomunitari con un permesso di lungo soggiorno che rientrino nelle condizioni di disagio previste dal decreto.
Sulla misura comunque ci sono anche altri nodi. Uno riguarda la previsione di un limite di reddito familiare (oltre all'Isee) a 6.000 euro annui per un single e a 12.600 per una famiglia con quattro figli minori (che non sia in affitto). Da una parte la scala di equivalenza è "schiacciata" rispetto a quella del Rei penalizzando le famiglie numerose e dall'altra si rischia di favorire il lavoro nero per poter avere accesso alla misura. In pratica il coefficiente è 1 per il primo componente, 0,4 per gli altri maggiorenni del nucleo e 0,2 per i minori con un limite a 2,1 mentre nel Rei con 6 componenti il coefficiente raggiunge il 3.
Per quanto riguarda il lavoro basta che un componente della famiglia numerosa abbia un lavoro da 1.050 euro al mese per non prendere nulla (pur essendo in povertà assoluta secondo i criteri Istat anche abitando in una piccola città del Sud). Una situazione che soprattutto in alcune aree del Paese potrebbe favorire il ricorso al lavoro nero. Peraltro i controlli risultano difficili e anche il progetto personalizzato per la ricerca del lavoro appare una chimera dato che la legge di Bilancio ha prorogato anche per lo stesso Rei per il 2019 la corresponsione del beneficio "anche in assenza della comunicazione dell'avvenuta sottoscrizione del progetto personalizzato".
E mentre si lavora al decreto (al momento pare che il provvedimento sia unico per quota 100 e per il reddito di cittadinanza) restano aperte le domande anche sulla pensione di cittadinanza. Di Maio ha detto che l'arrivo della pensione di cittadinanza a 780 euro è previsto tra febbraio e marzo ma non è ancora chiaro quali saranno le prestazioni che saranno aumentate (l'assegno sociale?). Per le pensioni di cittadinanza il limite di reddito per un single per l'accesso a questa misura sale a 7560 euro annui. Naturalmente le prestazioni saranno integrative rispetto a quanto già si ha.
Infine il vicepremier ha risposto al presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia, preoccupato per l'emergenza lavoro sottolineando che oltre al beneficio economico il reddito di cittadinanza punta sull'impegno delle persone coinvolte in un progetto formativo che dovrebbe puntare al reinserimento nel mercato del lavoro.
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