Gli hacker si sono infiltrati nelle comunicazioni diplomatiche dell'Unione europea per anni. Lo rivela il New York Times, spiegando che sono stati intercettati migliaia di messaggi in cui venivano espresse le preoccupazioni sull'imprevedibilità dell'amministrazione Trump, sui problemi con Cina e Russia e sul programma nucleare iraniano.
Da Bruxelles è comunque trapelato che non sono state colpite le comunicazioni riservate. Sembra che i metodi degli hacker siano simili a quelli usati in precedenza dai militari cinesi.
I diplomatici descrivono ad esempio l'incontro di luglio fra il presidente Usa e il leader del Cremlino come "un successo, almeno per Putin". Oppure raccontano i dettagli di un incontro privato tra il presidente cinese Xi Jinping e funzionari europei a inizio anno, in cui Xi avrebbe avvertito che la Cina "non si sottometterà al bullismo di Washington, anche se una guerra commerciale colpisce tutti". Sarebbero state colpite anche altre istituzioni internazionali, come l'Onu.
Bruxelles: "Indaghiamo sul caso" - Da Bruxelles fanno sapere che "il segretariato del Consiglio è a conoscenza delle notizie riguardanti una potenziale fuga di informazioni sensibili e sta indagando attivamente", ma "non commenta tali notizie né le questioni relative alla sicurezza operativa", precisando che "prende molto sul serio la sicurezza delle sue strutture, compresi i suoi sistemi informatici".
Privacy, un'ombra su Facebook - Il quotidiano Usa scrive inoltre che per anni Facebook ha concesso corsie preferenziali per conoscere i dati privati dei suoi utenti ad alcuni colossi hi-tech, tra cui Microsoft, Netflix e Spotify. Tali aziende avrebbero avuto, secondo documentazioni interne e interviste, la possibilità di un accesso più intrusivo alle informazioni personali del social rispetto a quanto non sia stato divulgato, esonerando de facto quei partner commerciali dalle abituali norme sulla privacy.
Le disposizioni speciali vengono dettagliate in centinaia di pagine di documenti Facebook ottenuti dal quotidiano. Alcune registrazioni, generate nel 2017 dal sistema interno dell'azienda per il monitoraggio delle partnership, forniscono il quadro più completo delle pratiche di condivisione dei dati dei social network. Sottolineano inoltre come i dati personali siano diventati il bene più prezioso nell'era digitale e vengano scambiati su vasta scala da alcune delle più potenti aziende della Silicon Valley.
Lo scambio nelle intenzioni doveva portare beneficio a tutti. Spingendo per una crescita esplosiva, Facebook ha ottenuto più utenti, aumentando i ricavi pubblicitari. I partner commerciali hanno acquisito know-how prezioso per rendere i loro prodotti più attraenti. Ma Facebook ha anche assunto un potere straordinario sulle informazioni personali dei suoi 2,2 miliardi di utenti, controllo esercitato con scarsa trasparenza o supervisione esterna.
Il social avrebbe permesso al motore di ricerca Bing di Microsoft di vedere i nomi di praticamente tutti gli amici degli utenti di Facebook senza autorizzazione, secondo quanto mostrano le documentazioni; avrebbe dato inoltre a Netflix e Spotify la possibilità di leggere i messaggi privati degli utenti di Facebook.
Facebook precisa: "Accesso ai dati alle aziende solo con consenso" - Facebook nel corso degli anni ha stretto diverse partnership con altre aziende tecnologiche come Apple, Amazon, Netflix e Spotify, ma "nessuna di queste ha dato alle aziende l'accesso alle informazioni senza il permesso degli utenti". Lo precisa Facebook sul suo blog a seguito della pubblicazione dell'inchiesta del New York Times.
Intanto Apple prende le distanze da Facebook, spiegando che la società "non era a conoscenza del fatto che il social network avesse concesso ai propri dispositivi un accesso speciale". L'azienda di Cupertino ha aggiunto che "tutti i dati condivisi sono rimasti sui dispositivi e non erano disponibili per nessuno al di fuori degli utenti".