Dopo lo stop forzato, causa pandemia, ripartono i concorsi pubblici. Compresi quelli per entrare nelle Forze Armate o nelle Forze di Polizia. Negli ultimi mesi sono state avviate le procedure di selezione per oltre 10mila posti per le varie carriere e altri bandi potrebbero presto arrivare. I partecipanti, però, sono di gran lunga più numerosi. Perché il ‘fascino della divisa’, anche oggi, attira tantissimi tra ragazze e ragazzi.
Come mostrano gli ultimi dati dell’Osservatorio Professioni in divisa (condotto da Skuola.net e Nissolino Corsi), infatti, circa 2 giovani su 5 sono interessati a questo tipo di carriera, alcuni addirittura come prima scelta post-diploma. Per questo, per chi vorrà provarci (o lo sta già facendo), conoscere le strategie che permettono di affrontare al meglio le varie fasi di selezione può essere decisivo. Quali sono i 10 aspetti chiave da tenere in considerazione per avere più chance di farcela? Li ha illustrati a Skuola.net Emanuele Buscarino, presidente di AssOrienta, Associazione degli Orientatori Italiani, che tra i suoi focus ha proprio l’orientamento alle carriere in divisa e che ogni anno bandisce “Onore al Merito”, l’iniziativa che premia i giovani più meritevoli con borse di studio per la preparazione ai concorsi in divisa.
Pianificare
Un buon approccio parte dalla pianificazione. Fondamentale sapere quando vengono pubblicati i bandi per i vari concorsi. Compito non sempre agevole, visto che molte selezioni sono ‘aperiodiche’ - i bandi escono solo quando le singole amministrazioni hanno necessità di personale - come quelli per le carriere iniziali dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza. Alcuni punti fermi, però, ci sono: “Ad esempio, i concorsi per le Accademie sono resi pubblici tra gennaio e febbraio di ogni anno. Solo la Guardia di Finanza fa eccezione e pubblica tra febbraio e marzo. Anche le Scuole Sottufficiali bandiscono i concorsi tra gennaio e febbraio e, anche in questo caso la Guardia di Finanza in genere pubblica un mese dopo. Mentre i bandi per le Scuole Militari di Esercito, Marina, Aeronautica sono previsti generalmente a marzo-aprile”.
L’età conta
Non tutti possono partecipare a qualsiasi concorso. I principali ‘filtri’ all’ingresso sono legati all’età o al titolo di studio. Qualche esempio? Per partecipare ai concorsi per le Accademie Militari è richiesta un’età tra i 17 e i 22 anni, oltre al diploma di maturità, conseguibile anche alla fine dell’anno scolastico in corso. Per le Scuole Sottufficiali e per le Carriere iniziali serve sempre il diploma superiore, ma ci si può candidare dai 17 ai 26 anni. Per partecipare al concorso da VFP1 (volontario in ferma prefissata, primo scalino della carriera militare) non bisogna aver compiuto 25 anni ed è sufficiente la licenza media. In ogni caso, prima si inizia e meglio è: “Avere le idee chiare e cominciare ad approcciarsi ai concorsi in divisa già in prossimità del diploma può fare la differenza. In questo modo, infatti, non solo si hanno a disposizione più tentativi, ma è possibile anche acquisire quel pizzico di esperienza necessario per comprendere appieno il funzionamento delle diverse prove concorsuali”.
Giocare d’anticipo
I concorsi militari sono complessi, in media si oscilla tra le quattro e le cinque prove. Scritti, orali, test psico-attitudinali, prove di efficienza fisica, rappresentano un percorso ineludibile. Per questo, iniziare la preparazione contestualmente alla pubblicazione del bando potrebbe essere una strategia poco lungimirante: “Il consiglio è di cominciare almeno sei mesi prima dell’apertura del bando (anche per i concorsi aperiodici, in genere, qualche indiscrezione trapela già nei mesi precedenti). Iniziare lo studio con largo anticipo rispetto alla pubblicazione del bando garantirà una preparazione adeguata alle diverse prove da affrontare”. In molti infatti pensano che, in un concorso, lo scoglio più grande da superare sia imparare a memoria la banca dati da cui saranno estratti i quesiti della prova preliminare o della prova di cultura generale: “Questa convinzione è errata; i concorsi sono fatti di diverse prove, tutte ugualmente complicate, come gli accertamenti psicoattitudinali e le prove fisiche, solo per citarne alcune”.
Prove preliminari: vietato imparare a memoria
Le prove preliminari e/o di cultura generale sono il preludio di ogni concorso, prove che servono per diminuire drasticamente il numero dei partecipanti e decidere chi resta ancora in corsa e chi, invece, dovrà tornare a casa. Il metodo più adatto per preparare questo genere di prove è quello di conciliare - trattandosi di quiz - studio teorico ed esercitazioni sulle banche dati o sui simulatori che spesso (ma non sempre) vengono messi a disposizione dalle amministrazioni: “Per lo studio delle banche dati si sconsiglia il metodo mnemonico. Meglio aiutarsi con pubblicazioni specializzate e piattaforme multimediali, che offrono la possibilità di affiancare teoria e pratica, facilitando l’apprendimento”.
Prove scritte: se non sai la risposta salta la domanda
Il tempo è uno dei nemici principali quando si affrontano gli scritti. L’ansia potrebbe bloccare il candidato, vanificando ogni sforzo: “Per gestire al meglio i minuti a disposizione il consiglio è quello di rispondere subito alle domande che si conoscono e tornare in seguito su quelle su cui si nutrono dubbi. Così facendo, si leggeranno tutte le domande del test, sapendo a cosa si va incontro. Aumenterà così la possibilità di ottenere un punteggio migliore e soprattutto di arrivare fino alla fine del test senza lasciare risposte che, per mancanza di tempo, non si sono neppure lette”.
Prove orali: il nemico è lo stress
L’ansia, man mano che si prosegue nell’iter concorsuale, potrebbe addirittura aumentare. Specialmente durante le prove orali, quando ci si confronta direttamente con i selezionatori, lo stress potrebbe essere una zavorra che impedisce di dare il meglio di sé. La gestione delle emozioni, perciò, è basilare. Dare segnali di tensione prolungata si traduce in una valutazione negativa. Come prepararsi anche su questo aspetto? “L’ideale sarebbe cimentarsi in simulazioni di colloquio con persone nuove e/o sconosciute, per verificare come reagiamo di fronte a situazioni poco agevoli, per abituarci a quel tipo di scenario”.
Attenti ai test psicoattitudinali
Sono tra le prove più temute dai candidati, perché non hanno un copione scritto. Durante i test psico attitudinali può succedere quasi di tutto. Sulla carta sono strumenti utilizzati dallo psicologo per verificare la presenza delle caratteristiche attitudinali ricercate dalle Forze Armate e nelle Forze di Polizia, i cui risultati vengono integrati con i dati emersi da altre prove (di performance, colloqui di gruppo e colloqui individuali). Ma in cosa consistono? “I candidati vengono solitamente sottoposti a una batteria di 6/7 test in un’unica giornata, durante la quale vengono sono costantemente osservati e messi sotto pressione, andando per gradi di complessità crescenti, fino a raggiungere il temutissimo colloquio con lo psicologo (individuale e di gruppo)”.
La valutazione inizia quasi senza accorgersene
Proprio i test psico attitudinali meritano un approfondimento. Perché sono quelli più ricchi di insidie. Basti pensare che - aspetto quasi mai considerato dai candidati - questo tipo di valutazione inizia ancor prima che se ne abbia coscienza. Sin dal momento in cui si eseguono le prove scritte preliminari, tutto viene annotato: il comportamento, le domande rivolte al responsabile d’aula, ecc. Dal primo giorno di prove è dunque “necessario assumere un atteggiamento adeguato al contesto, non mettendosi in mostra per aspetti negativi: atteggiamenti troppo informali, battute, chiacchiericcio con gli altri candidati e via dicendo”.
Non sottovalutare le prove fisiche
E poi c’è l’ultimo ostacolo che, anche a fronte di un percorso netto nella teoria, può decidere ancora tutto sull’esito del concorso. Le prove fisiche - corsa, salti, nuoto, prove di forza, a seconda del concorso - non vanno sottovalutate assolutamente: “Ovvio che ogni persona abbia esigenze diverse per prepararsi, ma ci sono delle indicazioni generali, valide per tutti: per un giusto allenamento bisogna miscelare ed equilibrare quantità, intensità e tempi di recupero, così da evitare stati di ‘eccitazione funzionale’, cioè carichi di lavoro deboli, o al contrario, stati di progressivo ‘stress funzionale’, ovvero carichi di lavoro intensi e tempi di recupero insufficienti”. Durante ogni seduta di allenamento è inoltre necessario valutare la ‘risposta’ degli apparati cardio-circolatorio, respiratorio e locomotore. Molti, infatti, vengono da lunghi periodi di sedentarietà o provengono da esperienze motorie o sportive che poco hanno a che fare con le prove richieste.
Prove fisiche: gli errori da non commettere
C’è, poi, chi pensa di essere sufficientemente preparato dal punto di vista atletico e di non aver bisogno di supporto. Affidarsi al ‘fai da te’ è sbagliato: chi affronta una preparazione fisica da autodidatta non ha sufficienti conoscenze metodologiche: “Per una corretta esecuzione delle tecniche richieste nelle prove è indispensabile la presenza di un preparatore esperto che possa impostarle, dosarle e correggerle. Una tecnica inadeguata di esecuzione o un dosaggio inappropriato dei carichi di allenamento, poi, possono portare a sindromi infiammatorie, dolori da affaticamento, traumi a carico dell’apparato muscolare o dell’apparato osteo-articolare”. Per non parlare dei rischi a lungo termine di un approccio del genere: un’errata esecuzione potrebbe portare la commissione esaminatrice a non considerare valida parte o l’intera prova.