La tagliola dellʼecotassa sulle automobili, anche di piccola cilindrata e utilitarie, così come approvata dalla Camera dei Deputati e attesa al vaglio del Senato, rischia di bloccare lʼindustria dellʼauto italiana. Se confermata, il gruppo FCA non investirà più i 5 miliardi di euro promessi per il lancio o restyling di 13 modelli auto. In attesa di un cambio, i vertici FCA ieri non hanno partecipato al previsto incontro con le istituzioni politiche piemontesi.
Il concetto è semplice: per Fiat lʼecotassa causerebbe un giochino perverso per il quale non varrebbe più la candela investire. Produrre una Panda 1.2 (o una Lancia Ypsilon con lo stesso motore) non sarebbe più conveniente se poi il potenziale cliente deve pagarci con lʼF24 una tassa da 300 euro sopra! Il rischio è che il mercato crolli nel 2019 ‒ la stima è del 12% ‒ non essendo ancora pronto a passare in massa alle auto ibride ed elettriche (che invece beneficiano di incentivi fino a 6.000 euro), e quindi gli investimenti non sarebbero remunerativi. Contrari allʼecotassa si sono dichiarati lʼAnfia, lʼUnrae e Federauto, vale a dire le associazioni dei costruttori nazionali, dei costruttori stranieri e dei concessionari.
A perderci sarebbe però anche lo Stato. Se si vendono meno auto per colpa delle maggiori tasse, si riduce anche il gettito fiscale che entra nelle casse dellʼErario, con introiti Iva e Ipt che si riducono. Un gioco al massacro per il settore automobilistico italiano, un tempo vanto del “made in Italy”, perché la tagliola dellʼecotassa colpirebbe i consumatori che si rivolgono alle auto più popolari e che costano meno (non le elettriche e le ibride quindi), colpirebbe le casse dello Stato, colpirebbe le industrie dellʼindotto che avrebbero meno commesse da FCA e colpirebbe anche lʼoccupazione del settore.
Che fare allora? Cambiare sì la legge ma come? Al Ministero dello Sviluppo economico non mancano le proposte: lʼAnfia del neo-presidente Scudieri chiede al governo di eliminare lʼecotassa e poi investire nelle colonnine di ricarica per le auto elettriche, magari con meccanismi di credito dʼimposta sul modello delle ristrutturazioni edilizie. LʼACI chiede una manovra di respiro ancora più ampio: gli incentivi per sostituire lʼusato più vecchio (fino a Euro 3) con veicoli nuovi o di seconda mano a partire dallo standard Euro 4. Questʼultimo, infatti, vanta emissioni nocive inferiori del 50% rispetto agli Euro 3. Non solo, ma i veicoli Euro 0, 1, 2 e 3 rappresentano in Italia ancora il 38% del parco circolante, ovvero 15 milioni di mezzi su 38,5 milioni!
Un parco auto troppo vecchio, che con lʼecotassa rischia di diventarlo ancora di più, perché chi aveva intenzione di cambiare lʼauto di famiglia potrebbe rivedere il progetto in attesa di tempi migliori. Insomma il tavolo di discussione sullʼindustria dellʼauto serve, lʼItalia ha bisogno di tenerlo costantemente apparecchiato, perché il nostro è pur sempre il secondo mercato in Europa, dietro alla Germania.