Dopo la morte del boss dei boss Totò Riina, Cosa nostra si era riorganizzata, eleggendo come capo della "Commissione provinciale" di Palermo il gioielliere 80enne Settimino Mineo, già capo del mandamento di Pagliarelli. A rivelarlo è un'inchiesta della Dda palermitana che ha portato al fermo di 46 persone (tra le quali Mineo), accusate di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, porto abusivo di armi e danneggiamenti.
L'anziano padrino, già condannato a 5 anni al maxiprocesso istruito da Giovanni Falcone, era stato nuovamente arrestato 12 anni fa per poi tornare in libertà dopo una condanna a 11 anni. Mineo, secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri, aveva il terrore di essere intercettato e non usava telefoni. La "Commissione provinciale" di Cosa nostra, che da anni ormai aveva smesso di riunirsi, sarebbe stata riconvocata il 29 maggio, segno che l'organizzazione criminale si stava riorganizzando tentando di tornare a essere la "vecchia" mafia.
L'inchiesta, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Francesca Mazzocco, Amelia Luise, Dario Scaletta, Gaspare Spedale e Bruno Brucoli, ricostruisce gli assetti dei clan palermitani di Porta Nuova, Poagliarelli, Bagheria, Villabate e Misilmeri.