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Infezioni da Aids, l'allarme dell'Istituto Superiore di Sanità: pochi progressi tra i giovani

I casi calano, ma troppo lentamente: a incidere una percezione del rischio da Hiv ancora molto confusa

-afp

Nel 2017 in Italia sono state segnalate 3.443 nuove diagnosi di infezione da Hiv pari a 5,7 nuovi casi per 100mila residenti, un dato in linea con la media europea. Lo afferma, in vista della giornata mondiale dell'1 dicembre, un report dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS). Ma ad allarmare sono i giovani dove i casi di contagio calano troppo lentamente. Le cause? Mancato uso del profilattico e scarsa conoscenza del pericolo.

"L'incidenza delle nuove diagnosi di Hiv mostra una leggera diminuzione tra il 2012 e il 2015, con un andamento pressoché stabile dopo il 2015 - si legge nel dossier -. Nel 2017 l'incidenza maggiore di infezione da Hiv è nella fascia di età 25-29 anni. La modalità di trasmissione principale tra le nuove diagnosi è con i rapporti eterosessuali".

Nel 2017, tra le regioni con un numero superiore a un milione e mezzo di abitanti, le incidenze più alte sono state registrate in Lazio, Liguria e Toscana. Circa i casi di Aids, l'osservatorio ne ha censiti 690, pari a 1,1 nuovi casi per 100mila residenti, in lieve diminuzione negli ultimi anni.

Giovani a rischio - Ma a preoccupare, come si diceva, sono i giovani. Attualmente nel mondo 3 milioni di bambini e adolescenti sono sieropositivi, e ogni giorno quasi 700 adolescenti tra i 10 e 19 anni diventano sieropositivi. Anche se entro il 2030 il numero di nuovi contagi da Hiv tra i bambini sotto i 10 anni sarà dimezzato, quello tra gli adolescenti calerà solo del 29%. Progressi troppo lenti per l'Unicef, secondo cui da qui al 2030, circa 360mila adolescenti moriranno per malattie collegate all'Aids, in assenza di investimenti nei programmi di prevenzione, diagnosi e cura dell'Hiv.

Una situazione su cui incide anche una percezione del rischio da Hiv ancora molto confusa, una scarsa propensione a ricorrere al test e un mancato uso del profilattico, che tra i giovanissimi può superare il 50%, come segnala la Lega italiana per la lotta con l'aids (Lila). Dalle richieste arrivate, hanno rilevato domande e timori legati soprattutto al mancato uso o alla rottura del profilattico. Il comportamento che suscita più dubbi è il rapporto oro-genitale, anche quando non si è corso alcun rischio. Dubbi e ansie infondate riguardano anche la masturbazione, i contatti sessuali indiretti e addirittura il bacio. C'è un 11% che riferisce un'esperienza di natura non sessuale, come contatti reali o presunti con sangue, contatti con persone sieropositive o supposte tali, utilizzo di bagni pubblici. Per quanto riguarda la richiesta di informazioni e dubbi tra gli adulti, il Telefono Verde Aids dell'Iss segnala un calo importante di telefonate da parte delle donne, scese dal 35% nel 1987 al 13% nel 2017. A chiamare sono soprattutto persone tra i 20 e 39 anni (67,1%).

Amcli: "La sfida si vince con la diagnosi precoce" "Oggi in Italia la lotta all'HIV sta impegnando fortemente il fronte della diagnosi, per scovare il sommerso, ben maggiore di quanto si creda, anche inconsapevolmente in soggetti eterosessuali, e mettere in trattamento le persone sieropositive - così l' Amcli, Associazione Microbiologi Clinici Italiani, evidenzia le criticità della diffusione del Aids nel Paese - Dopo i grandi studi che hanno dimostrato che le persone con replicazione virale ben controllata dalla terapia antiretrovirale non trasmettono l'infezione, tutte le linee guida raccomandano l'inizio del trattamento subito dopo la diagnosi, senza aspettare i segni di deterioramento immunitario. Occorre quindi accrescere l’impegno per spingere i soggetti potenzialmente esposti ad accedere ai test diagnostici che sono proposti nel rispetto della massima riservatezza e che permettono, individuata la positività al virus, di iniziare tempestivamente il trattamento". Questo l’auspicio dell'Amcli che tramite il suo presidente, Pierangelo Clerici, avverte : "Le persone che risultano positive in prima battuta devono essere avviate alla conferma diagnostica presso un laboratorio accreditato, e, se confermate, avviate alla presa in carico in centri specializzati nel trattamento antiretrovirale". “Si stimano tra 13 e 18mila infezioni non diagnosticate in Italia -  ricorda Maria Capobianchi, membro del consiglio direttivo dell'Amcli e direttore del Laboratorio di Virologia dell'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive "L. Spallanzani" - Un dato allarmante che deve essere ridotto, sia attraverso una continua sensibilizzazione sulla infezione e sulle modalità di trasmissione sia con l’incentivazione dei test diagnostici”.

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