Con quasi un milione di euro di crediti accumulati e tre comuni che rischiano di lasciare senza cibo 700 cani, il Centro Cinofilo Santa Lucia ormai da anni lotta contro l’insolvenza delle amministrazioni pubbliche e oggi si trova di fronte allo spettro della chiusura della struttura.
Alfonso Bove, proprietario del canile che ha sede nel comune di Cellole, nel casertano, è chiaro: “Io prima facevo l’informatore scientifico, in questa vicenda ci ho rimesso tutto. Non ho più niente. Dal 2005 mi dedico al canile a tempo pieno, ma ora rischio davvero. Se va avanti così faccio la fine di Sergio Bramini”.
Sergio Bramini, imprenditore brianzolo, è stato costretto a dichiarare il fallimento della propria azienda, che nel maggio di quest’anno ha subito il pignoramento della casa a causa di un credito mai risolto con lo stato di oltre 4 milioni di euro, ndr.
La reazione dell’amministrazione I comuni indebitati sono 3: Cellole, Carinola e Sessa Aurunca. Quest’ultimo conta poco più di 20mila abitanti e deve al centro cinofilo oltre 630mila euro. Una fonte interna all’amministrazione comunale ha pochi dubbi sullo stato del debito: “Vuoi sapere cosa penso? Questa è una situazione drammatica in cui non c’è via di uscita. Questo è il quadro oggettivo. Io ho un ruolo politico, ma non posso dire al capo settore di gestire la situazione perché mi risponderebbe ‘Ma a chi voj fa’ passa’ sto uaj? (Ma chi vuoi mettere nei guai?) Tu pensa a fare il politico’”. L’idea del proprietario del canile è molto chiara: “Non pagare è una scelta politica di un sindaco che non ama gli animali”.
I tentativi falliti a Sessa Aurunca Alfonso Bove ha già tentato diverse strade per riscuotere i crediti, senza però ottenere grandi risultati. Una volta ottenuta la certificazione di credito dal Mef, infatti, la speranza era quella di vendere la certificazione a una banca: “Però io ho girato più di 20 banche e alla fine viene fuori che se il comune (Sessa Aurunca) ha un rating basso, nessuna banca acquista il credito. Una prima certificazione del 2017 l’abbiamo già ceduta a una banca, rimettendoci un sacco di soldi. Quindi il comune doveva pagare prima la banca e poi il canile. Questa cosa non è avvenuta, perciò per l’amministrazione i debiti bancari ammontano tuttora a 350mila euro”. I rubinetti, quindi, restano chiusi. Il comune non può pagare il canile se prima non avrà estinto il debito con la banca, perché i 350mila euro sono un debito più “vecchio” rispetto a quello con il canile. La fonte interna al Comune conferma: “Potrebbero esserci 20 avvocati pagati dalla banca pronti a denunciarmi se pagassi prima Bove. Potrebbe essere considerato un abuso d’ufficio, un danno. La banca potrebbe rivalersi. Il problema è che il comune non ha i soldi per pagare nemmeno l’istituto di credito”. “Eppure continuano a organizzare eventi e feste di paese”, sostiene Bove.
Carinola e Cellole La situazione con il comune di Carinola, il cui credito ammonta a 200mila euro, non è migliore: con loro il canile ha un decreto ingiuntivo fatto nel 2017 di 150mila euro. L’amministrazione, però, ha chiesto il riequilibrio di bilancio. Con questa procedura bisogna aspettare che la Corte dei Conti si pronunci e fino al pronunciamento tutte le azioni legali vengono bloccate. Entro il 30 novembre l’ultimo comune, quello di Cellole, verserà al canile una somma tra i 70mila e gli 80mila euro, al fronte di un debito originario di 120mila euro. Secondo Bove “è meglio chiudere adesso, se no non ne usciamo più”.
La gestione del canile: “Servono 600 euro al giorno” Le spese di gestione del centro cinofilo non sono indifferenti, dice il proprietario: “Servono almeno 460 kg di mangime al giorno, quantità che si traduce in circa 600 euro”. Per il mese di novembre c’è la copertura alimentare grazie alla donazione di un’azienda privata che ha regalato 10 tonnellate di cibo al canile, ma già per dicembre le risorse scarseggeranno. La denuncia alla Procura, con la quale Alfonso Bove chiede “la persecuzione penale degli autori delle condotte omissive che mi impediscono di sfamare gli animali affidatimi dai 3 comuni”, finora non ha prodotto buoni risultati, anzi: “Io ho fatto la denuncia il 25 settembre e, casualmente, il primo ottobre sono venuti i NAS per fare un blitz. Hanno constatato che fosse tutto regolare”. Una visita sospetta, secondo il proprietario, considerate anche le parole di Emanuela Bignami, responsabile nazionale randagismo di Animalisti italiani Onlus, secondo cui il canile sarebbe “il fiore all’occhiello della regione”.
Come spiega Michele Pezone, l’avvocato che segue Alfonso Bove insieme ad Animalisti italiani Onlus, “c’è già giurisprudenza su questo. Ho seguito dei processi nei quali in cui gli animali sono stati abbandonati a loro stessi e sono morti di stenti. In quei casi è stata ravvisata una responsabilità di tipo penale. Ricordiamo che i cani randagi sono proprietà delle amministrazione comunali. Attendiamo che il pm verifichi cosa è stato fatto dai comuni in questa vicenda. L’esposizione debitoria è straordinaria, si sarebbe dovuto evitare di arrivare fino a questo punto”.