Dove si trova il confine tra realtà e finzione, follia e sanità, giusto ed ingiusto? Queste le domande che si pone il bellissimo testo di Stefano Massini "Van Gogh - L'odore assordante del bianco", in scena al Teatro Manzoni di Milano dal 15 novembre al 2 dicembre con la regia di Alessandro Maggi. Nei panni del geniale pittore, Alessandro Preziosi: "Più che capire l'arte bisogna credere nell'arte, è questo l'assioma con cui si è confrontato per tutta la sua vita Van Gogh", racconta l'attore.
Tra le austere e slavate pareti di una stanza del manicomio di Saint Paul, dove il pittore fu ricoverato nel 1889, in seguito all'attacco di follia che lo portò a tagliarsi un orecchio, Vincent Van Gogh sperimenta l'isolamento dalla vita, dalla natura, ma soprattutto dal colore. Come può vivere un grande pittore in un luogo dove non c’è altro colore che il bianco? "Il pretesto dello spettacolo", spiega Preziosi: "è raccontare cos'è un processo creativo, cosa significa avere a che fare con l'arte. Per Van Gogh l'arte è qualcosa di irrinunciabile, di necessario, per la quale rischiare la vita...".
Vincitore del Premio Tondelli a Riccione Teatro 2005 per la “...scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva” (dalla motivazione della Giuria n.d.r.) il testo di Massini offre spunti di riflessione sul rapporto tra le arti e sul ruolo dell’artista nella società contemporanea: "La semplificazione di ciò che si intende per arte oggi è davvero imbarazzante e vergognosa...", spiega Preziosi, star delle serie tv (tra gli altri “Elisa di Rivombrosa”) e del cinema, ma con il teatro nel cuore e che, per calarsi appieno nel suo personaggio, ha lavorato a tutto campo, studiando, leggendo e sperimentando il suo corpo, attraverso la meditazione dinamica dei 5 ritmi ad esempio, come racconta lui stesso: "Volevo mostrare cosa significhi davvero abbattersi sulla tela, come succedeva a lui e essere sopraffatti dalla natura che vuole essere dipinta...".
L'arte di Van Gogh dimostra così come dipingere significhi avvicinarsi pericolosamente alla natura tanto da rimanerne bruciati: "Il fine ultimo dello spettacolo non è far capire chi era Van Gogh, ma chi era lui nei confronti dell'arte", spiega Preziosi e aggiunge: "Il suo tormento nasceva nel domandarsi cosa fosse giunto e cosa non, cosa fosse vero e cosa falso nell'arte stessa".
E questo processo formativo che passa attraverso il non colore della follia e che mette in allerta tutti i sensi, conclude l'attore, "mi ha condotto a condividere con lui la possibilità impossibile di diventare maturi ed adulti. Uso Van Gogh per diventare adulto. Ad un certo punto l'artista deve smettere di giocare. Il filo si spezza. Per lui era giunto il momento di leggere non più solo lettere ma parole. Artisticamente però era proprio questo che non accettava di fare...".