"Se hanno indagato me, allora dovranno indagare Cavallo, dovranno indagare Casarsa e Tomasone". A parlare, in un'intercettazione registrata il 22 settembre dalla Squadra mobile e pubblicata sul sito di Repubblica, è il maresciallo Massimiliano Colombo Labriola, che ha ha ricevuto un'informazione di garanzia per falso ideologico e materiale per il caso Cucchi. L'intercettazione, spiega Repubblica, "ricostruisce la genesi di alcuni dei falsi".
Il colloquio è tra Colombo Labriola, comandante della stazione dei carabinieri di Tor Sapienza, che chiama l'appuntato Gianluca Colicchio per informarlo dell'avviso di garanzia. Il maresciallo si dice sorpreso (e l'appuntato sembra essere d'accordo con lui) di essere stato chiamato a rispondere della falsificazione dei verbali per nascondere le reali condizioni di salute, e quindi il pestaggio, di Stefano Cucchi, nell'ottobre 2009.
Il maresciallo, dunque, spiega che se lui viene ritenuto responsabile dovrebbero a maggior ragione esserlo anche il tenente colonnello Francesco Cavallo (all'epoca vice comandante del Gruppo carabinieri Roma), il colonnello Alessandro Casarsa (allora comandante del Gruppo carabinieri Roma e oggi del reggimento corazzieri del Quirinale), e il generale Vittorio Tomasone (che era comandante provinciale dei carabinieri di Roma e oggi è comandante interregionale per l'Italia meridionale).
L'intercettazione, che è stata depositata dal pm Giovanni Musarò agli atti del processo per l'omicidio di Stefano Cucchi, secondo Repubblica è "una conversazione chiave che ricostruisce la genesi di alcuni dei falsi disposti dalla catena di comando dell’Arma di Roma e cruciali per far deragliare la ricerca della verità": Colombo Labriola chiama infatti Colicchio perché "è lui, insieme all'appuntato Francesco Di Sano, il carabiniere che conosce, come del resto il maresciallo Colombo, la storia di quei falsi. Chi li ordinò, chi fece pressione perché all'ordine venisse dato corso, e dunque come l'intera catena di comando fosse al corrente di quella cruciale manipolazione di atti destinata a indirizzare la ricerca della verità lontano dai responsabili del pestaggio".
Spariti i dolori al costato nell'atto modificato - Dall'intercettazione di Francesco Di Sano che parla con il cugino, l'avvocato Gabriele Di Sano, emerge anche un altro dettaglio: "Loro mi dicevano 'non cambia nella sostanza perché è scomparso questo': i dolori al costato sono diventati dolori alle ossa". I due sono entrambi indagati nel nuovo filone in cui si ipotizza il falso.