Cucchi, Nistri: "Via la divisa a chi ha sbagliato" | Il grazie di Ilaria: "Avevo bisogno di queste parole"
Il comandante generale dei carabinieri: "Noi siamo disposti a prenderci tutte le nostre responsabilità. E adesso dobbiamo fermezza a una famiglia colpita dal lutto e a un Paese smarrito"
"Avevo bisogno di queste parole". Così Ilaria Cucchi commenta la promessa di Giovanni Nistri, il comandante generale dei carabinieri, che assicura: "Chi ha sbagliato non indosserà più la nostra divisa". Il numero uno dell'Arma lo ha dichiarato in una lettera a Repubblica, spiegando che è necessario "assumersi le proprie responsabilità e trarre una lezione anche da fatti tanto deplorevoli".
"Non si può credere che i carabinieri siano ciò che emerge dalla dolorosa vicenda umana di Stefano Cucchi e dai suoi sviluppi giudiziari - scrive il comandante -. Non è così, infatti, e lo dimostreremo, appena saranno chiare le precise responsabilità, che sono sempre personali, attraverso ogni provvedimento consentito dalla legge: a seconda dell'entità, le punizioni, finanche le rimozioni. Perché chi risulti colpevole di reati infamanti non potrà indossare la divisa".
Ilaria Cucchi: "Sono le parole di cui sentivo il bisogno" - "Sono le parole che ha bisogno di sentirsi dire un cittadino perbene - commenta la sorella di Stefano Cucchi -, di chi porta avanti una battaglia sulle proprie spalle, nonostante il dolore che gli è stato inflitto da appartenenti allo Stato e nonostante il fatto che le istituzioni abbiano consentito che la famiglia di Stefano Cucchi affrontasse anni di processi sbagliati sapendo quali erano le vere responsabilità".
Nistri: "Dobbiamo fermezza alla famiglia Cucchi e al Paese" - "Dobbiamo fermezza a una famiglia colpita dal lutto, a un Paese che ci ama ed è smarrito di fronte a ciò che sente - dice ancora Nistri, rispondendo all'editoriale del direttore Mario Calabresi -. A chi ci ha preceduti lungo il cammino della Storia d'Italia e ha rispettato in ogni avversità i codici morali e i regolamenti, a costo di pagare un prezzo altissimo. La dobbiamo a noi stessi, che non possiamo essere accomunati - in 110 mila! - alle cattive azioni di pochi. La dobbiamo infine alle nostre famiglie, che in un diffuso immaginario ci vedono d'improvviso passare, in blocco e ingiustamente, dalla parte sbagliata".
E conclude: "Una sincera assunzione di responsabilità è doverosa e ad essa non intendiamo sottrarci. Occorre trarre lezione anche da fatti tanto deplorevoli, per evitare che si ripetano. Li porteremo quale esempio di cosa non fare, nelle nostre scuole, ai giovani che si sono appena arruolati. Ne discuteremo nei reparti. Ribadiremo ai nostri ufficiali che il grado non è un peso leggero, richiede spalle robuste e animo saldo".
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