FOTO24 VIDEO24 2

Stefano Cucchi, il piantone di guardia chiamò il 118: "Un detenuto sta male"

"Ha tremori e non riesce a muoversi". La chiamata risale alle prime ore del 16 ottobre 2009 e fu fatta dalla caserma di Tor Sapienza

ansa

"Abbiamo un detenuto che sta male, ha tremori e non riesce a muoversi. Dice che ha attacchi di epilessia". Sono le prime ore del 16 ottobre del 2009, Stefano Cucchi è in una camera di sicurezza della stazione di Tor Sapienza, a Roma, e secondo le indagini è già reduce dal pestaggio avvenuto nella caserma Casilina. Il piantone si accorge che il ragazzo sta male e chiama il 118. L'ambulanza arriva, ma Stefano rinuncia e gli operatori vanno via.

"Ha tremori, non riesce a muoversi ma non presenta i sintomi dell'epilessia - dice all'operatore che chiede dettagli per capire la situazione -. E' tranquillissimo, ha solo ste cose. Fisicamente sta male di suo". E' un altro tragico tassello che si aggiunge al calvario di Cucchi che lo condurrà alla morte: molti hanno visto che Stefano stava male, qualcuno ha tentato di aiutarlo, molti hanno ignorato. Non il piantone che davanti a Stefano che trema chiama il 118. Poi fornisce i dati: "Volete il nome? E' nato l'1-10-1978" e l'indirizzo dove deve andare l'ambulanza "via degli Armenti, stazione di Tor Sapienza".

L'audio fa parte degli atti che il pm Giovanni Musarà ha depositato al processo. Intanto va avanti l'inchiesta sul falso. Il procedimento sta portando alla luce una storia, come ha ammesso il pm, "costellata di falsi, da dopo il pestaggio e proseguita in maniera ossessiva anche dopo la morte del giovane geometra". Ed è proprio sull'attività sistematica di "inquinamento probatorio" che gli inquirenti vogliono fare luce totale e definire la scala di ordini gerarchici impartiti per modificare atti o la regia che "ha indirizzato in modo scientifico prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità".

Le strade portano ai vertici del Gruppo di Roma all'epoca dei fatti e in particolare sull'attività dell'allora numero due, il tenente colonnello Francesco Cavallo, finito nel registro degli indagati. Cavallo, secondo i pm, è stato il "suggeritore" delle modifiche da apporre all'annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi. L'ufficiale dell'Arma potrebbe essere presto convocato in procura per essere interrogato. A tirarlo in ballo è stato anche il luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stazione Tor Sapienza dove Cucchi venne trasferito per alcune ore proveniente dalla caserma Casilina, teatro, per ammissione di uno degli imputati nel processo davanti alla I corte d'Assise, del pestaggio del 31enne.

Negli atti depositati dalla Procura anche una intercettazione in cui Colombo parla, nel settembre scorso, con suo fratello della vicenda Cucchi. "Se hanno indagato me - afferma al telefono - allora dovranno indagare anche Cavallo, dovranno indagare Casarsa, dovranno indagare Tomasone". Di fatto la "line" che all'epoca dei fatti guidava l'Arma nella Capitale. Al momento in Procura continuano a ribadire che non sono indagati sia il generale Vitorio Tomasone, attuale numero uno del Comando interregionale dei carabinieri, sia il generale Alessandro Casarsa, comandante del reggimento Corazzieri del Quirinale. I due, questo è certo, verranno sentiti nel processo a carico di cinque carabinieri la cui prossima udienza è stata fissata al 7 di novembre.

Dall'analisi dei documenti depositati dalla procura resta centrale, in questo filone, il ruolo del Gruppo di Roma. Ne parla al pm anche Gianluca Colicchio, il piantone che ebbe in custodia Cucchi a Tor Sapienza, sentito come testimone negli uffici di piazzale Clodio alcuni giorni fa: "Il maggiore Luciano Soligo (all'epoca dei fatti numero uno della compagnia Talenti Montesacro e indagato per falso ndr) non si trovava in una situazione molto diversa dalla nostra, nel senso che anche lui stava dando esecuzione ad ordini provenienti dalla sua gerarchia. La 'regia' in quel momento veniva dal Gruppo di Roma".

Espandi