"E' un diritto doppio che chiediamo per la terza volta al parlamento: quello di un adottato di conoscere la sua storia e il perché del suo abbandono; quello di una madre, ingannata o obbligata a non riconoscere il proprio figlio, di rinunciare all'anonimato". Si addentra in un tema delicatissimo e poco noto il disegno di legge che il senatore Simone Pillon, a firma congiunta con il collega M5s Francesco Urraro, depositerà nei prossimi giorni, come spiega a Tgcom24 Anna Arecchia, presidente del Comitato nazionale per il diritto alle origini biologiche. "Non è il richiamo del sangue che ci spinge a chiedere una legge per l'accesso ai dati sanitari di partorienti in anonimato che non hanno riconosciuto il proprio figlio - precisa. - E' una necessità sentita a ogni età di sapere il perché dell'abbandono, la propria storia, la propria anamnesi medica, per non sentirci più libri con le pagine iniziali strappate. E' il diritto degli adottati di colmare il vuoto dietro e dentro e di una madre di trovare quello che magari cerca da una vita".
Quando nasce la vostra battaglia di figli non riconosciuti alla nascita e poi adottati?
"Il Comitato nacque nel 2008 e opera, su base volontaria, senza fondi e a fini solidaristici, come interfaccia politica di tante associazioni locali per portare in Parlamento la nostra esigenza di conoscere le nostre radici. Esigenza ostacolata dalla Legge dei cento anni, che secreta per un secolo i documenti sanitari delle mamme che non ci hanno riconosciuto alla nascita. L'iter fu avviato appunto nel 2008 ma si arenò subito, non si era pronti, eravamo troppo anticipatari sulla tematica. Finché non riaccese le speranze la sentenza della Corte Costituzionale del 2013 che ha dichiarato incostituzionale quel divieto di sapere per 100 anni. Fu evidente che serviva una legge, anche perché la Cassazione si è pronunciata poi nel 2016 la prima volta per dare il diritto anche in caso di madre deceduta, opportunità che il nostro disegno di legge già prevedeva, e poi a gennaio 2017 ha ribadito il diritto alle origini con la sentenza a sezioni unite".
Una legge per chi?
"Per quei 400mila, il 90% di tutti gli adottati italiani, nati dal 1930 in avanti, che non furono riconosciuti alla nascita dalle loro madri, le quali ricorsero all'anonimato senza mai la possibilità di un ripensamento. Eppure le mamme che ritroviamo ci dicono sempre: 'Ti cercavo da una vita'".
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Ma oggi a che punto siamo?
"Nella scorsa legislatura eravamo arrivati a un passo dalla legge e ci abbiamo sperato fino all'ultimo momento, mancava solo un documento: nel 2015, dopo anni e anni di informazione e incontri con i parlamentari per far conoscere le nostre storie e le nostre ragioni, eravamo, infatti, arrivati all'approvazione del testo unico alla Camera. Festeggiammo una grande vittoria fuori da Montecitorio, ma tutto morì tre anni dopo in Commissione Giustizia del Senato con la fine del governo Gentiloni. Ora, con il nuovo esecutivo, ricominciamo da capo. Abbiamo consegnato nella mani del senatore Pillon un nuovo disegno, aggiornato rispetto a 5 anni fa, che nei prossimi giorni verrà depositato a firma congiunta con il senatore M5s Urraro".
Qual è l'augurio?
"Che venga acquisito il dossier già prodotto nella passata legislatura, frutto di un lunghissimo lavoro che ha preso a modello gli altri Paesi europei, e che, quindi, non si ricominci daccapo con incontri formativi e audizioni. Torneremmo indietro di anni, con il rischio che salti tutto, di nuovo. Per questo ci teniamo molto a far appello al parlamento che protocolli e calendarizzi velocemente il ddl per iniziarne l'iter".
Che novità in quest'ultima proposta?
"Tra le novità, il diritto di accesso alle origini non solo per il figlio, diretto interessato, ma anche per i suoi discendenti. Sono molte, infatti, le richieste giunte al nostro Comitato di persone che desiderano richiedere informazioni per desiderio del loro genitore deceduto, che ha manifestato in vita l'esigenza di conoscere e che, in mancanza di una legge, non ha potuto esercitare il proprio diritto. Grande attenzione è stata posta all'operazione di interpello, per il quale si richiede l'intervento di operatori formati, che tengano conto della complessità emotiva e psicologica che entra in campo, nonché dei tempi idonei anche per una eventuale e serena riflessione. Infine, il nuovo ddl consentirà almeno la conoscenza dell'identità di eventuali fratelli o sorelle nel caso in cui la madre non intenda rimuovere l'anonimato. Ricordiamo, infatti, che l'interpello consentirà alla madre di poter revocare ma anche confermare l'anonimato espresso all'epoca del parto. Nessun obbligo, pertanto, né compromissione della privacy. Le madri che non intenderanno nemmeno essere interpellate, potranno rilasciare debita volontà di conferma dell'anonimato, a partire dal diciottesimo anno dal parto, per cui, qualora dovesse essere presentata, da parte del figlio, istanza di accesso alle origini, il tribunale acconsentirà esclusivamente alla conoscenza delle notizie di ordine sanitario".