Reddito di cittadinanza, tutto quello che non sappiamo
Dai "rom perbene" alle "spese immorali", le indicazioni del governo sulla misura del "popolo" generano caos e la rendono troppo "gassosa" agli occhi dell'opinione pubblica
L’obiettivo è ambizioso: “Abolire la povertà”, per restituire dignità e opportunità di lavoro a 6,5 milioni di persone che non hanno niente di tutto ciò. E’ la mission del Reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del M5s, che a partire da marzo 2019 inietterà circa 10 miliardi di euro nelle tasche degli italiani. Una misura “rivoluzionaria”, promossa ideologicamente anche a sinistra perché rivolta al “popolo”. Eppure, proprio il popolo, non sembra apprezzare completamente.
Nei recenti sondaggi (Ipsos, Tecné, Euromedia) l’opinione sui benefici del Reddito di cittadinanza è esattamente spaccata in due. Come mai? Confusione, comunicazione contraddittoria, paletti e regole da definire potrebbero trasformarlo in un boomerang per il governo e per il MoVimento. Ecco i punti caldi.
"Rom per bene” e destinatari. Uno degli aspetti più controversi è la platea alla quale la misura si rivolge, complice anche la “schizofrenia” degli annunci ad effetto. Molto si è discusso sugli extracomunitari che potrebbero accedervi, in particolare sulla questione dei rom. Il reddito, ha specificato Di Maio, “spetta solo a cittadini italiani residenti su suolo da dieci anni”. Ma il problema è che nel nostro Paese sono 90.000 i rom italiani (secondo l’Ufficio Nazionale Anti Discriminazione Razziale) e di questi almeno 7.200 con Isee pari a zero, e quindi i sicuri beneficiari della legge di sostegno economico previsto dall’esecutivo.
Un "bug" non previsto, che nonostante l' uscita di Salvini (“ai rom italiani ma solo se per bene”) genera malcontento nell'opinione pubblica e imbarazzo nel governo. Anche perché indirizzare la misura solo a cittadini italiani rischierebbe di essere incostituzionale. Oltre alla questione dei residenti, quello che sappiamo è che bisogna essere maggiorenni, essere disoccupati o inoccupati, avere un reddito di lavoro inferiore ai 780 euro, la soglia di povertà in Italia stabilita dall’Istat. Ma attenzione, non bisogna considerarla come quota individuale. Vista la coperta corta (il reddito di cittadinanza immaginato dal M5s all'inizio poteva contare su un portafoglio di 17-18 mld) , i requisiti sono sempre più stringenti. Questione casa. In un primo momento anche i proprietari di un immobile (prima abitazione), potevano accedere alla misura. Ora invece, chi ha una casa di proprietà non ha diritto all'intera quota ma a questa viene detratta una quota definita “affitto imputato”, che ammonta a 380 euro. Limiti anche sui nuclei familiari: in una famiglia con i genitori disoccupati e figli a carico il sussidio è fino a 1.630 euro, mentre per una famiglia con due genitori e un solo figlio la quota è di 1.014 euro. Calcoli che mandano in confusione i beneficiari.
"Spese immorali “ e carta acquisti. Altro punto indigesto è come spendere i soldi. Anzitutto una certezza: non arriveranno tramite bonifico sul conto corrente, ma il sussidio sarà reso disponibile via bancomat o app telefonica, una sorta di carta acquisti precaricata (780 euro) con i vari importi “da scalare” e da effettuare solo per determinate voci di spesa, considerate in linea con la misura. L’obiettivo è di garantire che il credito venga riservato al consumo e resti tracciato così da non evadere l’Iva. Attenzione però, ha avvertito Di Maio “no a spese immorali”. A parte l’ironia in rete che ha suscitato questa dichiarazione, resta una gran fatica capire cosa realmente possa essere acquistato. Il minsitro del Lavoro ha poi spiegato che in particolare si riferiva al gioco d’azzardo, ma ancora una linea netta non è stata tracciata. Perchè il testo è ancora così "gassoso"?
Pene severe e pace fiscale. Infine non piace troppo nemmeno il pugno duro annunciato da Di Maio nei confronti dei poveri “furbetti” che truccano i numeri per accedere al reddito: “Se imbrogliano si beccano fino a sei anni di galera per dichiarazioni non conformi alla legge". Una misura giudicata da molti sproporzionata soprattutto se confrontata con la pace fiscale. Provvedimento tanto caro soprattutto a Salvini che spinge per poter sanare pendenze fino a 500mila euro ma che trova l’imbarazzo del M5s: essere indulgenti con gli evasori e severi con gli indigenti cozza con i loro cavalli di battaglia e disorienta il popolo.
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