Alla Milan Games Week abbiamo incontrato David Cage, CEO di Quantic Dream, che a maggio ha pubblicato su PlayStation 4 Detroit: Become Human, gran successo sia di pubblico (1 milione di copie vendute in sole due settimane) che di critica. Abbiamo parlato dell’ultimo titolo ma anche della storia della sua compagnia, fondata in Francia ben 20 anni fa.
Mastergame: Com’è stata la tua esperienza con gli attori durante le riprese per Detroit: Become Human? Come hai fatto in modo che interpretassero al meglio ciò che avevi in mente per il titolo?
David Cage: Ogni volta che contattiamo gli attori, gli diciamo che sarà una grande sfida girare questo tipo di riprese. Alcuni pensano che girare scene per un videogioco possa essere facile, invece è un’enorme sfida. Noi proviamo ad avvertirli, anche a spaventarli un po’, dicendogli: “è una cosa molto impegnativa, dovrete imparare lunghi dialoghi a memoria”. Ci aspettiamo da loro la stessa qualità di recitazione che si vede nei film e nelle serie TV. Alcuni di loro si “spaventano” e rifiutano. Quelli che rimangono, però, sono entusiasti della sfida. Passiamo molto tempo a prepararli e a parlare con loro del personaggio che interpreteranno. Ma comunque il primo giorno sul set sono sempre un po’ disorientati. Non hanno una sola telecamera ma 80 telecamere intorno che li riprendono a 360°, devono indossare una tuta strana e aderente, hanno dei punti sulla faccia per il motion capture. È strano. Ma già dal secondo giorno, poi, capiscono che sono liberi, che possono recitare allo stesso modo in cui farebbero per uno spettacolo teatrale, e iniziano a divertirsi davvero.
Mastergame: Il tuo primo gioco, Omikron: The Nomad Soul, era qualcosa di totalmente differente. Cosa ti ha fatto cambiare idea sul tipo di giochi che volevi sviluppare, per arrivare a dei giochi basati sulle scelte e sulla trama?
David Cage: Quando iniziammo a lavorare a Omikron 20 anni fa, ci entusiasmava molto l’idea di raccontare la storia in un ambiente open world, ma all’epoca mi sentivo un po’ frustrato perché sentivo di non avere controllo sulla qualità della storia che stavo raccontando perché il giocatore aveva la possibilità di fare quello che voleva. Sentivo di non potergli dare la miglior esperienza possibile. Con Fahrenheit ho scelto di prendere una strada diversa: raccontare una storia scritta meglio e trovare un diverso bilanciamento tra me (ossia lo scrittore), e il giocatore. È una cosa che abbiamo approfondito abbastanza bene con Heavy Rain, per cui abbiamo ricevuto un ottimo feedback dalla community. Il gioco affrontava dilemmi e scelte morali e il giocatore doveva assumersi le conseguenze delle scelte che faceva, in modo ancora più evidente che in altri giochi prima di noi. Heavy Rain si focalizzava molto sulle emozioni. Questa è una cosa che abbiamo continuato con Beyond: Due Anime, pur intraprendendo un percorso leggermente diverso: ci siamo concentrati su un solo personaggio giocabile. Con Detroit: Become Human, invece, abbiamo pensato a tutto ciò che abbiamo fatto da Omikron in poi. Abbiamo pensato che anche Detroit dovesse concentrarsi sulle emozioni, e che il suo gameplay dovesse essere accessibile perché si doveva focalizzare sulle scelte. Non volevamo dare al pubblico delle scelte “finte”: le conseguenze delle scelte devono essere reali, tangibili e devono realmente cambiare l’esperienza di gioco. Abbiamo pensato anche di trattare problemi del mondo reale ed è stata una vera sfida per noi trovare il giusto equilibrio. Non volevamo dare l’impressione di sminuire argomenti seri, inserendoli nel gioco, non volevamo far pensare che stessimo glorificando la violenza in alcun modo. Abbiamo lavorato duramente studiando argomenti come la segregazione e il razzismo in diverse culture ed ere, e abbiamo creato Detroit che, secondo il mio punto di vista, riassume tutto ciò in cui crediamo.
Mastergame: Hai parlato del rischio di glorificare la violenza. Il trailer di Detroit: Become Human mostrato alla Paris Games Week fece parlare molto di sé, in quanto dedicato a un padre violento con la figlia. Molti hanno criticato la scelta di rappresentare una scena di violenza domestica all’interno di un videogioco. Cosa ne pensi di queste critiche?
David Cage: Le persone hanno parlato del gioco prima ancora di giocarlo, quindi non potevano sapere il contesto o l’intenzione di quella scena. Quando il gioco è uscito quelle persone si sono rese conto di essersi sbagliate, perché non era quello che pensavano che fosse dopo quel trailer. Una volta uscito Detroit, non ho letto nessuna interpretazione sbagliata della scena. Molti si sono resi conto della sua potenza e del fatto che fosse molto importante affrontare anche il problema della violenza domestica. Si sono anche resi conto del fatto che non glorificasse in alcun modo la violenza. Si trattava di una scena molto potente, moralmente pesante, ma il nostro intento era quello di mettere il giocatori nei panni della vittima, non in quella dell’aggressore. Per me è molto importante che un videogioco parli anche di questo e che non sia solo divertimento fine a sé stesso. Il divertimento può esserci, ma non deve escludere la possibilità di affrontare argomenti seri, ed è proprio quello che abbiamo fatto con Detroit e la risposta è stata fantastica. La community è stata davvero incredibile e siamo molto felici di quello che le persone dicono del gioco. Ci sono state anche persone che hanno vissuto scene di violenza domestica nella vita reale e hanno parlato positivamente di quella scena in Detroit. Credo che sia molto interessante la possibilità che un gioco parli di questi argomenti ma in modo rispettoso.
Mastergame: Detroit: Become Human è un gioco basato sulle scelte così come tutti i titoli di Quantic Dream da Fahrenheit in poi. Di recente, uno studio che produceva titoli altrettanto basati sulle scelte, Telltale Games, ha chiuso. Pensi che questo evento possa avere qualche tipo di ripercussione su questo tipo di giochi?
David Cage: I giochi che produciamo sono entrambi basati sulla trama e sulle scelte, ma differiscono in molti aspetti. Noi lavoriamo su IP originali, loro su licenza. Anche il formato è diverso: il loro è a episodi, noi lavoriamo su giochi singoli. Non posso parlare di Telltale, ma posso parlare del mio studio. Posso dire di essere davvero fiero di quello che abbiamo fatto con Detroit, del feedback e delle vendite. È sempre molto triste venire a sapere della chiusura di uno studio. Credo che l’industria dei videogiochi abbia perso circa 1.000 addetti ai lavori dall’inizio di quest’anno, sono davvero tanti. Ma allo stesso tempo, ci sono altre aziende, come la mia, che stanno assumendo nuovo personale e sono in forte crescita. Credo che stiamo vivendo un cambiamento dell’industria, con vecchi studi che vengono chiusi e nuovi studi che stanno nascendo. Non so questo dove porterà ma per la mia azienda è un momento molto entusiasmante: siamo fieri del successo di Detroit e vogliamo portare nel nostro futuro tutto ciò che abbiamo imparato col titolo.
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Mastergame: Quale pensi sarà il futuro di Quantic Dream? Pensate di lavorare a nuove IP o avete in programma qualcosa legato a Detroit: Become Human, magari un sequel o un DLC, o un’esperienza VR?
David Cage: Quello che posso dire è che con Detroit abbiamo avuto la sensazione di aver riassunto tutto ciò in cui crediamo. È stato come mettere 20 anni di esperienze di vita in un unico gioco, è stata un’esperienza strana per certi aspetti. Perché per 20 anni abbiamo avuto delle domande e abbiamo cercato delle risposte e Detroit contiene tutte le domande che abbiamo avuto e le risposte che abbiamo cercato per 20 anni. Ora stiamo iniziando un nuovo ciclo nella compagnia in cui stiamo pensando a quali potrebbero essere le prossime sfide, come possiamo fare un miglior lavoro, come possiamo raccontare storie migliori. Ma credo anche che l’industria in generale stia affrontando una rivoluzione e dobbiamo prepararci per le prossime sfide. Vediamo che ci sono sempre più persone interessate alle esperienze che creiamo che è ottimo per noi, il che è grandioso. E devi rinnovare il loro interesse e continuare a stupirli per proporgli esperienze migliori e più forti. Ma crediamo nei giochi emozionanti, nelle esperienze significative, crediamo anche che i videogiochi siano cultura. Quest’ultima cosa sta generando una grande discussione tra l’industria dei videogiochi ma posso dire che noi di Quantic Dream crediamo fermamente che i videogiochi siano cultura e continueremo a creare giochi che supportino questa visione.