Ci sono amori impossibili che si aspettano tutta la vita, la storia di un abbandono vissuta come in una commedia e la bora di Trieste che "fa capire che tutto può ancora succedere". Con il nuovo romanzo, "So che un giorno tornerai" (Mondadori, 18 euro), Luca Bianchini ha cambiato atteggiamento nei confronti delle persone. Come racconta a Tgcom24, il suo decimo libro l'ha portato più vicino alla normalità: "Questa storia chiedeva attenzione e rispetto senza strafare...".
Luca, il libro è tratto da una storia vera, cosa ti ha colpito?
Mi è capitato un sabato sera, in un posto dove mi sono chiesto 'perché sono qua?', spesso accetto inviti e a volte mi pento. Salgo in auto e questa ragazza mi dice 'tu non puoi essere arrabbiato con me, perché ho avuto una vita molto particolare, se fossi nata uomo forse avrei avuto entrambi i genitori, mio padre voleva un maschio... ma ce l'ho fatta lo stesso', così mi sono incuriosito, l'ho lasciata parlare, era da un po' che pensavo a una trama... Mi ha dato la base da cui partire.
La storia è difficile, la tua è stata una sorta di sfida?
Raccontare un abbandono con la commedia è stata la vera sfida. Emma è figlia di tutti e nessuno, ce l'ha fatta con l'aiuto dei nonni, una storia che nasce nel '68 ma che potrebbe essere una storia di oggi. E' come ridefinire il concetto di famiglia.
Trieste è un'altra protagonista del romanzo...
E' stata una mia idea, non è la vera città, l'ho spostata. Mi diverto se creo e Trieste è una città che ho sempre amato, dove non capiti mai per caso. Ci devi andare per forza, è mitteleuropea ma sembra Napoli. Il loro motto è 'meglio l'ultimo bicchiere controvoglia che andare a lavorare con voglia'.
E' la storia di un amore impossibile, perché ami raccontare così questo sentimento?
Ognuno aspetta qualcuno, ognuno di noi si innamora di chi ci guarda per un attimo e poi ci sfugge per sempre, che è un po' il tema del libro. Angela spera tutta la vita di rivedere il suo uomo. Alla fine ognuno di noi, pur amando, ha un angolo, un amore nascosto, un po' segreto, un po' ideale, e per quello fantastico.
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Stavolta non è una omosessuale... è una scelta?
Ma basta.. volevo cambiare. C'è una bambina che vuole fare il maschio, una lesbica mancata, cerca di diventare maschio perché vuole che tornino i genitori. Anche se ho mantenuto alcuni riti, come ad esempio citare Napoli, Madonna e rosso Valentino... La storia gay non era importante. Ho cambiato atteggiamento nei confronti delle persone con questo libro. Sono più vicino alla normalità, questa storia chiedeva attenzione e rispetto senza strafare...
Nel libro scrivi "ci sono persone che non sanno smettere di farsi del male"...
Tutti, siamo cretini. Non riusciamo a stare bene perché non riusciamo a volerci bene. Siamo troppo condizionati dagli altri.
La felicità è mangiare una pizza?
Si, a volte anche piangere davanti a una pizza, che è fondamentale in questo romanzo. Quando aspetti una notizia, come un esito medico, e ti danno una buona notizia tu esci e non te ne frega nulla di puzzare, di essere vestito male, dai la moneta a quello che suona, ecco dovremmo vivere sempre un po' così.
Il personaggio che hai amato di più?
Angela mi ha turbato. Come autore mi ha dato tanto responsabilità, perché provare ad entrare nella testa di una madre che abbandona la figlia, senza giudicarla, non è stato facile.. io cerco di capirla senza assolverla.. mi sono limitato ad ascoltarla..
Il titolo non l'hai scelto tu?
No. E' venuto alla fine. come il nome della bambina. Non parto mai dal titolo. Cerco sempre di dare il titolo giusto, senza calcoli, è un titolo anche un po' minatorio.. vendicativo. Mi piace...
Diventerà un film?
Ci stanno pensando, anche se la trama è molto difficile.