Una nuova bufera rischia di coinvolgere il Csm e riguarda atti giudiziari coperti da segreto, lettere anonime, calunnie con il coinvolgimento di alcune Procure, prima fra tutte Milano. Come scrivono alcuni quotidiani oggi in edicola, sarebbe stato il pm Paolo Storari, a consegnare un anno fa i verbali ancora segreti all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Ci sarebbe l'ipotesi di una sorta di loggia che potrebbe coinvolgere vari "pezzi" del Paese al centro del troncone d'indagine avviato dalla procura di Perugia dopo che alcune dichiarazioni dell'avvocato Piero Amara (nella foto) sono state trasferite da Milano a Perugia.
I verbali, tuttora segretati, sono quelli resi in cinque occasioni nel 2019 dal legale siciliano arrestato nel 2018, indagato per i depistaggi dell'inchiesta Eni e per vari episodi di corruzione di giudici, 2 anni e 8 mesi di patteggiamento, e coinvolto anche nelle vicende dell'ex pm romano Luca Palamara, radiato dalla magistratura e accusato d'aver pilotato nomine in cambio di regali e favori.
Pochi mesi dopo che i verbali erano stati consegnati da Storari a Davigo, e mentre le indagini erano in corso, alcuni giornali iniziarono a riceverli con una missiva anonima che ne sollecitava la pubblicazione. A spedirli - scopre ora la Procura di Roma - fu Marcella Contrafatto, impiegata del Csm nella segreteria dell'allora consigliere Davigo, ora sospesa dal servizio e indagata per calunnia, perquisita a casa e in ufficio due settimane fa dai pm che nel computer hanno trovato copie degli atti spediti.
Verbali che, tra l'altro, riguardano anche Giuseppe Conte, all'epoca presidente del Consiglio. Marcella Contrafatto si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Nel corso degli interrogatori Amara avrebbe fatto nomi di magistrati che si sarebbero rivolti a lui per ottenere promozioni e avrebbe tirato in ballo anche l'ex premier Conte al quale, a suo dire, avrebbe fatto ottenere tra il 2012 e il 2013 consulenze dal gruppo Acqua Marcia Spa per circa 400 mila euro.
Amara, inoltre, avrebbe raccontato al pm di Milano di fare parte di una fantomatica loggia segreta, denominata Ungheria, di cui farebbero parte magistrati, tra cui l'ex consigliere del Csm, Sebastiano Ardita.
Ci sarebbe dunque l'ipotesi di una sorta di loggia che potrebbe coinvolgere vari "pezzi" del Paese al centro del troncone d'indagine avviato dalla procura di Perugia dopo che alcune dichiarazioni di Amara sono state trasferite da Milano a Perugia. Inchiesta condotta dal procuratore capo Raffaele Cantone e da alcuni sostituti sulla quale viene mantenuto il riserbo. Gli accertamenti sono in una fase iniziale con le ipotesi tutte da verificare.
Tra queste la possibilità che alcuni "pezzi" delle istituzioni possano avere avuto l'obiettivo di condizionare le nomine in magistratura ma anche altri settori del Paese. Per circa sei mesi, tra fine 2019 e maggio 2020, il pm di Milano Paolo Storari avrebbe chiesto ai vertici dell'ufficio della Procura, anche per iscritto, di effettuare delle iscrizioni nel registro degli indagati per andare a verificare le dichiarazioni dell'avvocato siciliano Piero Amara, indagato anche nell'inchiesta sul cosiddetto "falso complotto Eni".
Non avendo risposte sulle iscrizioni, il pm milanese, come forma di autotutela, avrebbe deciso di consegnare i verbali all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo.
In seguito alle frizioni all'interno della Procura milanese, emerse in queste ore ma sottotraccia da tempo, il pm Paolo Storari non si occupa più, a quanto si è saputo, dell'inchiesta sul cosiddetto "falso complotto Eni", di cui era titolare con l'aggiunto Laura Pedio e che vede tra gli indagati Amara e anche l'ex manager Eni Vincenzo Armanna, imputato e "grande accusatore" nel processo Eni-Shell/Nigeria, che si è chiuso nelle scorse settimane con assoluzioni per tutti.
"Non c'è stato nulla di irrituale". Così Piercamillo Davigo ha risposto all'agenzia Ansa, sulla vicenda del pm milanese Storari che per "autotutela" si rivolse a lui come "consigliere del Csm che conosceva", perché in procura non gli consentivano di procedere all'iscrizione delle notizie di reato scaturite dai verbali dell'avvocato Pietro Amara, e gli portò quelle carte. Nulla di anomalo dunque in quello che è accaduto. "Cosa deve fare un pm se non gli fanno fare ciò che deve, cioè iscrivere la notizia di reato e fare indagini per sapere se è fondata?" dice Davigo spiegando perché il pm milanese si rivolse a lui.
Per l'ex consigliere non c'è stata nessuna violazione del segreto con la consegna a lui dei verbali, perché "il segreto non è opponibile ai consiglieri del Csm". "Ho informato chi di dovere", afferma Davigo a proposito della vicenda del caso del pm Storari e dei verbali delle dichiarazioni rese ai magistrati dall'avvocato Pietro Amara.
Il pm Storari è pronto a riferire al Csm, se l'organo di autogoverno della magistratura lo riterrà necessario. E' quanto si è saputo in ambienti giudiziari milanesi. In queste ore in Procura a Milano c'è ovviamente un clima di forte tensione.
Il Pg della Cassazione Salvi: "Davigo mi parlò di contrasti a Milano, non di atti" - Sulla vicenda è intervenuto anche il pg della Cassazione Givoanni Salvi, che afferma: "Nella tarda primavera dell'anno passato, Davigo mi disse che vi erano contrasti nella Procura di Milano circa un fascicolo molto delicato, che riguardava anche altre Procure e che, a dire di un sostituto, rimaneva fermo; nessun riferimento fu fatto a copie di atti". E aggiunge che di tutto questo informò "immediatamente il procuratore della Repubblica di Milano".
"Sui verbali violato il segreto, iniziative disciplinari" - Poi chiarisce: "Nè io né il mio ufficio abbiamo mai avuto conoscenza della disponibilità da parte di Davigo o di altri di copie di verbali di interrogatorio resi da Amara alla Procura di Milano. Si tratta di per sè di una grave violazione dei doveri del magistrato, ancor più grave se la diffusione anomala dei verbali fosse da ascriversi alla medesima provenienza. Non appena pervenuti gli atti necessari da parte delle Procure competenti, la Procura generale valuterà le iniziative disciplinari, conseguenti alla violazione del segreto, per la parte di sua spettanza".