Venerdì 28 settembre, al Nuovo Cinema Aquila di Roma, alle 22 sarà proiettato in anteprima il documentario di Silvio Montanaro e Gianni Ramacciotti "1968, Gli Uccelli - Un assalto al cielo mai raccontato". La storia di un gruppo creativo che strizzava l'occhio alle avanguardie artistiche e che visse un '68 diverso, radicale ma non violento. "Nel '68 c'è stato un filone diverso, ironico e non serioso, da quello ricordato da tutti" dice Montanaro a Tgcom24.
"Gli Uccelli" è un documentario su uno dei gruppi protagonisti dell'anno della contestazione a Roma. Nati nella facoltà di Architettura di Valle Giulia, la stessa che con gli scontri del primo marzo ha marchiato quella stagione di rivolta giovanile, gli Uccelli, con l'occupazione della cupola di Sant'Ivo alla Sapienza, furono i primi, a febbraio, a portare gli studenti in agitazione fuori dalle mura delle facoltà. "1968, Gli Uccelli - Un assalto al cielo mai raccontato" ripercorre quell'occupazione la cui eco fece il giro del mondo ma, soprattutto, attraverso la voce dei protagonisti di allora, ricostruisce l'intera storia del gruppo.
Da cosa parte questo progetto?
Dalla mia conoscenza personale della vicenda, che ha anche un piccolo aspetto biografico. Perché, pur avendo 6 anni, ho vissuto quella situazione da vicino, in quanto ero sulle spalle di uno degli "uccellini", ovvero quelli che seguivano il movimento senza esserne al centro: Diavolo era mio cugino
Gli Uccelli sono stati protagonisti di un '68 diverso da quello che poi è si è fissato nell'immaginario collettivo...
Sì, e lavorando a questo documentario esce ancora più forte l'apprezzamento per l’impronta che davano, l'interesse per l’estetica. L'occupazione dei Sassi di Matera, quella della cupola di Sant'Ivo, l’amore per il classicismo, l’amicizia con gli intellettuali... Sono stati loro a introdurre l’estetica nel campo della politica. E poi c'era un forte elemento ironico, non serioso, un uso della provocazione. Quella degli Uccelli, più che inserirsi nelle tradizione cattolica o marxista, è stata un'esperienza figlia del situazionismo, con elementi del beat e del futurismo. Mi interessava mettere in luce il fatto che nel '68 c'è stato un filone diverso da quello ricordato da tutti.
Realizzando il documentario e raccogliendo le testimonianze è uscito qualche aspetto inedito?
La storia la conoscevo in maniera frammentaria. Mi ha stupito la vastità delle azioni, il numero e l’impatto delle stesse. Da Gibellina a Matera. E poi le tante piccole azioni. Mi aspettavo il rapporto dialettico con il Movimento di allora, ma non mi aspettavo questo grande seguito: gli Uccelli nascono in tre ma arrivano a essere qualche centinaio. E’ stata una scoperta fatta via via.
Come ha ricostruito questa vicenda?
Abbiamo lasciato molto andare il flusso dei ricordi nella convinzione che ognuno avrebbe sottolineato l’aspetto a lui più vicino. Mi piaceva la polifonia dei ricordi. Ma alla fine questi si sono incastrati perfettamente, quasi fosse un unico racconto. E' stato bello recuperare i protagonisti dell'epoca: sono passati 50 anni, allora erano molto conosciuti ma poi molti di loro sono caduti un po’ nell’oblio. Perché erano presenti ma non presenzialisti.
Cosa le piacerebbe che arrivasse attraverso questo documentario?
La storiografia sul '68 è molto legata all’episodio degli scontri di Valle Giulia. E da lì ne seguono gli elementi anche di violenza. Questo ha fatto sì che si dimenticasse la grande esplosione di creatività e di gioia che c'è stata in alcune parti della protesta. C’era questo elemento libertario, di volontà di stare insieme. Una questione che investiva anche i rapporti tra uomini e donne, maschi e femmine. Oggi può far sorridere perché le cose sono cambiate. Ma sono cambiate proprio a partire da quel momento. Era un aspetto divertito ma non superficiale.
Che andrebbe recuperato e messo in evidenza?
Sì. E poi mi piacerebbe che le nuove generazioni vedendolo assimilassero il desiderio di trasmettere una possibilità. Gli Uccelli andavano a trovare tutti: Moravia, Pasolini, Guttuso, Manzù... Andavano e bussavano alla loro porta spesso senza nemmeno preavviso. Perché avevano sete di cultura, voglia di confrontarsi, magari anche contestando. Il loro era un atteggiamento privo di soggezione, molto aperto, pieno di voglia di fare. Un atteggiamento che ha portato molti del gruppo a fare scelte importanti nella vita. E che nella nostra società si è un po’ perso.
Quale percorso seguirà ora il documentario?
In questo momento di presentazione avremo una serie di proiezioni, dopodiché ci muoveremo per trovare una distribuzione cinematografica e una collocazione televisiva.