Trovata la lettera che costò a Galileo Galilei l'accusa di eresia. Ne dà notizia la rivista Nature sul suo sito, precisando che il documento è stato scoperto il 2 agosto a Londra, in una biblioteca della Royal Society, dallo storico della scienza Salvatore Ricciardo, dell'Università di Bergamo. La lettera, in cui sostiene la teoria eliocentrica, è stata analizzata con il collega Franco Giudice e con Michele Camerota, dell'Università di Cagliari.
In sette pagine scritte il 21 dicembre 1613 Galileo, che si firma con le sue iniziali G.G., esponeva a un amico la sua teoria sul movimento della Terra intorno al Sole, opposta alla tesi della Chiesa secondo la quale la Terra era immobile, la cosiddetta teoria geocentrica.
"Non potevo credere di avere scoperto la lettera che tutti gli studiosi di Galileo credeva irrimediabilmente perduta", ha affermato Ricciardo. "E' ancora più incredibile - ha aggiunto - perché la lettera non era custodita in un'oscura biblioteca, ma nella biblioteca della Royal Society". E' stato lo stesso Ricciardo, con i colleghi Giudice e Camerota, ad analizzare la lettera e a descriverla in un articolo in via di pubblicazione sulla rivista Notes and Records, della Royal Society. Al momento, riferisce Nature, molti studiosi si riservano ogni commento in attesa di leggere l'articolo, una volta pubblicato.
Soltanto lo storico della scienza Allan Chapman, dell'Università di Oxford e presidente della Royal Society per la storia e l'astronomia, lascia spazio all'entusiasmo: "E' così importante - ha detto - che permetterà nuovi approfondimenti in questo periodo critico". Della lettera, indirizzata a Benedetto Castelli, esistono diverse copie e due versioni diverse. Di queste ultime, una è custodita negli Archivi Vaticani ed è quella che il 7 febbraio 1615 venne inviata all'Inquisizione, indirizzata al domenicano Niccolò Lorini. Poiché finora la versione originale della lettera si credeva perduta, è rimasta aperta la questione se i toni usati da Galileo fossero effettivamente duri come l'Inquisizione sosteneva. Il ritrovamento dell'originale potrà ora rispondere a questa domanda aperta da secoli.