Saipem, maxi tangente in Algeria: assolto Paolo Scaroni e l'Eni
Condannati altri manager dell'azienda e il mediatore algerino
L'ex amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni è stato assolto nel processo sulla presunta maxi tangente pagata da Saipem in Algeria per ottenere commesse petrolifere del valore complessivo di otto miliardi di euro. Respinta la richiesta di condanna del pm di Milano, Isidoro Palma, che aveva chiesto sei anni e quattro mesi di reclusione per corruzione internazionale. Secondo i giudici, Scaroni "non ha commesso il fatto".
Assoluzione anche per l'ex manager
Antonio Vella e per lo stesso gruppo
Eni. Condanna, invece, per tre ex manager di
Saipem: 4 anni e 9 mesi per l'ex direttore operativo
Pietro Varone e per l'ex amministratore delegato del gruppo,
Pietro Tali, 4 anni e un mese per l'ex direttore finanziario
Alessandro Bernini. Secondo i giudici, la stessa Saipem si è resa colpevole di illecito amministrativo: il gruppo è stato pertanto condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria da 400mila euro (contro i 900mila chiesti dalla pubblica accusa) e alla confisca di 198 milioni di euro euro, somma che equivale al prezzo della presunta corruzione pagata a politici algerini.
Al presunto collettore delle tangenti,
Farid Nourredine Bedjaoui, sono stati inflitti 5 anni e 5 mesi di carcere, mentre il suo braccio destro,
Samyr Ouraied, e il presunto riciclatore delle mazzette,
Omar Habur, hanno incassato una condanna pari a 4 anni e 1 mese di carcere ciascuno. Tutti i sei condannati sono stati inoltre dichiarati dal Tribunale incapaci di contrattare con la Pubblica Amministrazione fino a pena espiata. Per loro è anche ordinata una confisca pari a 198 milioni di euro, somma che equivale al valore della presunta tangente.
I fatti contestati dalla procura - Secondo i rappresentanti della pubblica accusa, Saipem (all'epoca dei fatti controllata da Eni) avrebbe versato a una cerchia di politici algerini una maxi tangente da 198 milioni di euro in cambio di commesse petrolifere del valore complessivo di 8 miliardi. Soldi che, come è stato ricostruito dall'inchiesta milanese, sarebbero arrivati nelle disponibilità dell'ex ministro dell'Energia del governo di Algeri, Chekib Khelil, grazie all'intermediazione del suo allora più stretto collaboratore Bedjauoi.
Scaroni ha sempre respinto ogni accusa. E nell'ottobre 2015 venne prosciolto dal gup Alessandra Clemente che al termine dell'udienza preliminiare decretò il "non luogo a procedere" anche per il gruppo Eni e il manager Vella. Fu la Corte di Cassazione, nel febbraio successivo, ad annullare quel verdetto ordinando una nuova udienza preliminare da celebrarsi davanti a un altro giudice. Scaroni, Vella ed Eni furono così rinviati a giudizio per corruzione internazionale.
La sentenza emessa dalla Quarta Sezione Penale ha in sostanza confermato la decisione presa dal gup Clemente nel 2015. Perché secondo il collegio presieduto dal giudice Giulia Turri, soltanto Saipem e i propri manager sono colpevoli della maxi tangente, mentre l'allora capogruppo Eni, l'ex ad Scaroni e l'ex manager Vella risultano estranei alla vicenda.
Scaroni: sono sempre stato sereno - "Sono felice della decisione del Tribunale di Milano. Devo dire che sono sempre stato sereno e ho sempre avuto fiducia nel lavoro dei giudici. Del resto questa sentenza si pone in continuità con quella di non luogo a procedere del gup che già mi aveva assolto sulla stessa vicenda". Così Paolo Scaroni, ex ad di Eni e attuale presidente del Milan, commenta l'assoluzione.
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