Sui rischi per la salute derivati da una vita troppo sedentaria si parla con grande frequenza: ne sappiamo molto di meno, invece, sui danni che derivano da un eccesivo allenamento. Anche in questo caso si tratta di problemi reali e da non sottovalutare: persino in palestra, come dice il proverbio, il troppo stroppia ed espone il fisico dell’atleta a una serie di inconvenienti che vanno dal rischio di traumi e infortuni alle parti più sollecitate a veri e propri danni sistemici a carico in particolare dell’apparato cardio vascolare. La parola d’ordine, anche quando si parla di fitness, è dunque conservare una sana via di mezzo.
QUANDO SI ESAGERA – La mania ossessiva per la propria muscolatura e per la forma atletica ha addirittura un nome: si chiama vigoressia ed è una forma di dismorfobia, ovvero una percezione distorta di sé e della propria immagine. Chi ne soffre è ossessionato dalle condizioni della propria massa muscolare, dalle ore da dedicare all’esercizio fisico e dall’alimentazione, tanto da trascurare gli altri aspetti della vita, compresi la vita sociale e il lavoro. Come hanno scoperto di recente gli scienziati dell’Università dell’Illinois, e reso noto in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Mayo Clinic Proceedings”, il troppo allenamento è nocivo per la salute. Sono esposti in particolare gli uomini di razza bianca, che si allenano per oltre sette ore e mezza a settimana: in loro cresce in modo significativo il rischio di depositi di calcio nelle coronarie. Questi soggetti presentano anche uno stress più intenso a livello delle arterie, dal quale deriva un maggiore rischio di arteriosclerosi. Allenarsi troppo, insomma, espone a pericoli di malattie cardiovascolari e di ictus.
CHE COS’E’ IL SOVRALLENAMENTO – Ma perché troppo esercizio può far male? Quando ci alleniamo, il nostro fisico subisce uno stress, dovuto al carico di lavoro a cui lo sottoponiamo. L’organismo risponde adattandosi, ovvero migliorando le proprie prestazioni. Ad esempio la massa grassa viene bruciata e sostituita da massa muscolare magra, i muscoli crescono, l’apparato cardiocircolatorio lavora in modo più intenso e avremo più appetito. Fin qui tutto bene: se però si crea un disequilibrio tra i vari elementi che contribuiscono al miglioramento della prestazione atletica (ovvero i tempi e le modalità di allenamento, l’alimentazione e il riposo), si aprono le porte alla sindrome da sovrallenamento e alle sue conseguenze.
I SINTOMI – Il sovrallenamento si riconosce da una serie di sintomi, tra cui una battuta di arresto dei progressi nella prestazione atletica, il battito cardiaco accelerato anche a riposo, insonnia, perdita di peso, poco appetito e insieme desiderio continuo di cibi dolci e zuccherati. Per fortuna la cura è semplice: il riposo per una o due settimane e una dieta sana e leggera.
I GIUSTI RITMI – Insomma, i fanatici della palestra sono in errore quanto i pelandroni cronici. L’allenamento “giusto” deve innanzi tutto essere adeguato al proprio stile di vita. Chi abitualmente fa vita sedentaria non può di punto in bianco immergersi in attività fisicamente impegnative senza un avvicinamento graduale. Un esempio classico è quello del manager che dopo mesi di vita da ufficio va in vacanza e si butta per ore e ore sulle piste da sci o in trekking massacranti. Questi comportamenti espongono al rischio di incidenti e infortuni anche gravissimi, come purtroppo spesso si legge sulle pagine di cronaca. Particolare cautela e gradualità nell’allenamento è richiesta a chi ha più di 50 anni di età, in caso di sovrappeso e quando si svolge abitualmente un lavoro stressante dal punto di vista psico-fisico.
OCCHIO ALL’OROLOGIO – Una certa attenzione è richiesta anche alla durata dell’allenamento, anche se tutto dipende dall’intensità: questoè in effetti il parametro fondamentale, sul quale modulare anche la quota tempo della sessione di workout. In ogni caso, i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, cominciano a salire dopo 40-50 minuti: questo ormone utilizza le proteine per produrre energia, quindi vanifica di fatto l’efficacia del lavoro, specie se l’obiettivo è migliorare il tono muscolare. Una sessione di ginnastica generale, invece, o di attività dolce può tranquillamente protrarsi per un’ora o anche oltre. Al termine di ogni sessione è indispensabile dedicare qualche minuto allo stretching, per allungare i muscoli sottoposti all’esercizio.
IL RIPOSO – E’ la pausa indispensabile per favorire il recupero organico, riparare gli eventuali danni riportati dalle strutture muscolari diminuendo il rischio di infortuni, recuperare le energie e far passare i dolori muscolari o articolari causati dall’esercizio. I tempi di recupero sono variabili a seconda del tipo di allenamento e delle condizioni e dall’età dell’atleta. In termini generali, si può dire che per un atleta non professionista l’ideale siano i canonici tre allenamenti alla settimana, intervallati da un giorno di riposo. Se ci si allena più spesso, è bene differenziare il lavoro concentrandolo su diversi gruppi muscolari, rispettando i loro tempi di riposo: i gruppi più piccoli, come quelli delle braccia, recuperano in tempo minore, di solito 48 ore, mentre la muscolatura dorsale e le gambe possono richiedere più tempo. Il fatto di non rispettare le necessarie pause di riposo porta, come primo effetto, al peggioramento delle prestazioni. In ogni caso gli studiosi dell'Università dell'Illinois ricordano l'importanza di fare movimento fisico in modo regolare e suggeriscono di non scendere sotto i 150 minuti a settimana di attività da moderata a intensa.