La sentenza

Mondo di mezzo, la sentenza d'Appello riconosce "l'associazione mafiosa"

La corte presieduta dal giudice Claudio Tortora ha ribaltato la sentenza di primo grado: c'è il 416 bis. Ridotte, però, le pene nei confronti dell'ex Nar Carminati e dell'ex imprenditore Buzzi

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La terza corte d'Appello di Roma, presieduta dal giudice Caludio Tortora, ha riconosciuto l'associazione mafiosa nell'ambito del processo Mondo di Mezzo ribaltando così quanto deciso in primo grado. Ridotte però le condanne a Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. L'ex imprenditore dovrà scontare 18 anni e 4 mesi di carcere invece dei 19 previsti dalla prima sentenza, mentre per l'ex Nar la pena è di 14 anni e sei mesi, invece di 20 anni in primo grado.

Con la sentenza di Appello è stata ribaltata quella di primo grado del 20 luglio 2017 che aveva fatto decadere il 416 bis riconoscendo il sistema di corruttele e individuando solo l'esistenza di due associazioni a delinquere semplici, che avevano come punti di riferimento l'ex terrorista nero e l'ex imprenditore delle cooperative romane, detenuti dal 2014. L'accusa aveva chiesto 26 anni e mezzo per Carminati e 25 anni e nove mesi di carcere per Buzzi, ritenuti a capo dell'organizzazione criminale di stampo mafioso che aveva tenuto sotto scacco uomini dell'imprenditoria, dell'amministrazione e della politica capitolina di tutti gli schieramenti.

Le altre condanne - I giudici della III corte d'Appello hanno riconosciuto l'associazione a delinquere di stampo mafioso, l'aggravante mafiosa o il concorso esterno, a vario titolo, oltre che a Carminati e Buzzi, anche per l'ex braccio destro dell'ex terrorista nero Riccardo Brugia (11 anni e 4 mesi),  Claudio Bolla (4 anni e 5 mesi), Emanuela Bugitti (3 anni e 8 mesi), Claudio Caldarelli (9 anni e 4 mesi), Matteo Calvio (10 anni e 4 mesi). Condannati anche Paolo Di Ninno (6 anni e 3 mesi), Agostino Gaglianone (4 anni e 10 mesi), Alessandra Garrone (6 anni e 6 mesi), Luca Gramazio (8 anni e 8 mesi), Carlo Maria Guaranì (4 anni e 10 mesi), Giovanni Lacopo (5 annu e 4 masi), Roberto Lacopo (8 anni), Michele Nacamulli (3 anni e 11 mesi), Franco Panzironi (8 anni e 4 mesi), Carlo Pucci (7 anni e 8 mesi) e Fabrizio Franco Testa (9 anni e 4 mesi).

Il pg: "Nostri sforzi per risanare pubblica amministrazione" - "La Corte d'Appello di Roma ha accolto l'impugnazione della Procura generale e della Procura della Repubblica di Roma e ha riconosciuto il carattere mafioso dell'associazione. Questo è il punto di arrivo di un intenso impegno e al tempo stesso di partenza. La consapevolezza dell'esistenza anche a Roma e nel Lazio di forze criminali in grado di condizionare la vita economica e politica e di indurre timore nella popolazione resta il centro di riferimento delle iniziative giudiziarie, che devono necessariamente essere accompagnate dalla crescita della coscienza civile e dal risanamento della struttura della pubblica amministrazione". Lo afferma in una nota il procuratore generale Giovanni Salvi. Per l'alto magistrato "si è rivelata efficace la scelta organizzativa di costituire un gruppo di lavoro misto della Procura generale e della Procura della Repubblica, al quale va il ringraziamento del mio ufficio".

Virginia Raggi: "Una conferma su chi ha devastato la città" - Il sindaco di Roma Virginia Raggi ha assistito alla lettura della sentenza d'Appello nell'aula bunker di Rebibbia. "Questa sentenza conferma la gravità di come il sodalizio tra imprenditoria criminale e una parte della politica corrotta abbia devastato Roma", ha affermato la Raggi. "Conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che bisogna tenere la barra dritta sulla legalità. E' quello che stiamo facendo e continueremo a fare per questa città e i cittadini", ha concluso il primo cittadino.