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Treviso, "Mi ha massacrata a colpi di ascia ma dopo 5 anni è già fuori dal carcere e nessuno mi ha avvisata"

Lo sfogo di Gianangela Gigliotti, ridotta in sedia a rotelle dall'ex marito. L'uomo era stato condannato a 11 anni, ma ha ottenuto la semilibertà

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Nel 2013 Gianangela Gigliotti ha rischiato la vita: stava per essere uccisa dal suo ex marito che si è avventato su di lei con un'ascia lasciandola in una pozza di sangue nella sua casa a Conegliano (Treviso). Da quel giorno la donna è su una sedia a rotelle. L'uomo è stato condannato a 11 anni di carcere, ma ne ha scontati dietro le sbarre 5: ora ha ottenuto la semilibertà. "Mi sento abbandonata dalle istituzioni", ha commentato Gianangela. Alla donna ha pesato soprattutto che nessuno l'avesse avvisata della decisione del giudice: "Me l'ha detto per caso un conoscente".

"Non è giusto che la notizia faccia parte delle chiacchiere di paese mentre la legge non prevede che io sia informata quando il mio aguzzino si trova a due passi da me", ha detto Gianangela alla Tribuna di Treviso. "Non è tanto per l’uscita in sé, che pare fosse legata a dei disturbi fisici, mi sento abbandonata dalle istituzioni".

"Noi donne dobbiamo allearci e pretendere che le istituzioni ci proteggano - ha aggiunto Gianangela. - Fatico a ripercorrere quei momenti, sto provando a togliermi il male di dosso e a pensare un po' a me". Non è facile per lei tornare a quella maledetta sera del 24 luglio 2013. Gianangela stava chattando su Facebook con un amico. A un certo punto ha sentito un rumore: il marito era piombato in casa dopo aver forzato la ringhiera della portafinestra. Aveva un’accetta in mano e ha iniziato a colpirla. Gianangela è riuscita solo a scrivere: "Oh Dio, mio marito" al suo interlocutore.

E' stato lui a lanciare l'allarme alle forze dell'ordine: i carabinieri l'hanno trovata in una pozza di sangue. Da quella notte la donna è su una sedia a rotelle: invalida al 90%. "Non sono più io. Ho perso l’autonomia in tutto. E' così ingiusto che sia mio figlio a doversi prendere cura di me e non il contrario. Provo a reagire ma ho dolori alla schiena e alle ossa". Dopo averla quasi uccisa il coniuge ha tentato per quattro giorni la fuga. Era a casa della madre quando gli agenti lo hanno arrestato. " Non c’è mai stato alcun pentimento da parte sua. Forse starà facendo un percorso di riabilitazione, ma non ha mai chiesto scusa né a me né a mio figlio che ha cambiato cognome", ha detto Gianangela.

Aver saputo dell’uscita del marito dai conoscenti le ha fatto male: "Non sento di avere avuto giustizia. Penso che sia una beffa avergli concesso il rito abbreviato con lo sconto della pena e non aver riconosciuto l’aggravante della crudeltà dopo quello che ha fatto. Vorrei che qualcuno desse anche a me un permesso speciale per uscire dalla mia prigione di dolori e godermi il mare come prima".

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