Si ispira al principio della "bigenitorialità perfetta" e riscrive la legge del 2006 sull'affido condiviso dei figli a seguito di separazioni e divorzi. Il disegno di legge, voluto fortemente dalle associazioni dei padri separati e firmato dal leghista Simone Pillon, inizia il suo iter parlamentare in commissione Giustizia del Senato. Il testo, che già ha fatto ampiamente discutere, cancella l'assegno di mantenimento, prevede il doppio domicilio per il minore e introduce l'obbligo della figura del mediatore familiare.
Uomini contro donne Basta ai "papà ridotti a padri-bancomat o a genitori della domenica". Così il leghista Pillon si fa portavoce dei diritti dei padri separati e cerca di garantire, con la sua proposta, maggiore parità dei genitori a seguito di separazione o divorzio. Il ddl, così come spiegato nella relazione di accompagnamento, introdurrebbe alcune rilevanti modifiche volte a rimettere "al centro" delle decisioni per i figli "la famiglia e i genitori".
Ma se tra le due parti non c'è accordo sarà il giudice a decidere, e allora niente assegno di mantenimento al genitore "collocatario" (nella maggioranza dei casi la madre) a cui l'altro genitore – così come prevede oggi la legge – passa ogni mese una cifra stabilita per il mantenimento dei figli. Sia alla mamma che al papà spetterà metà del sostentamento della prole. Le statistiche dicono che nel nostro Paese l'occupazione femminile non supera il 49% con forti sbilanciamenti tra Nord e Sud e, quasi sempre, il ritiro o la perdita del lavoro di una donna coincide con la nascita del primo figlio.
La doppia residenza L'assegno di mantenimento sparisce perché i figli avranno due case, doppio domicilio e tempo, equamente diviso, tra mamma e papà. Ciò significa che - a meno che i genitori non si accordino diversamente, e non ci sia nessun pericolo per la salute del bambino – i figli dovranno trascorrere non meno di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti, sia con la madre che con il padre. In questo modo si garantisce, secondo il ddl, un rapporto equilibrato e continuativo con entrambe le figure genitoriali.
Se da un lato i bambini, forse, non soffrirebbero la mancanza di nessuno dei genitori perché li vedrebbero in egual misura, dall'altro la proposta di legge non ha tenuto conto degli effetti, soprattutto sui minori, di una vita in continuo movimento, "sballottati" da un'abitazione all'altra.
La mediazione familiare I coniugi con figli minori per ottenere la separazione dovranno essere, per legge, seguiti da un mediatore familiare. La proposta normativa introduce e regolamenta questa figura stabilendo ruoli e competenze del mediatore che dovrà guidare gli ex coniugi a gestire, nel miglior modo possibile per i figli, la separazione. Il ddl fissa la durata massima della mediazione a sei mesi e stabilisce che gli incontri col mediatore saranno a pagamento.
Pillon: "Non si pagherà fifty-fifty ma in base a reddito" - "Il mantenimento non sarà fifty-fifty: il genitore che guadagnerà di più contribuirà di più, spiega Pillon sottolineando che ogni genitore, d'ora in poi "saprà che ogni euro sarà speso per il figlio e non per l'ex coniuge. Qua non si fanno né gli interessi della madre né quelli del padre".
La battaglia è già iniziata La proposta della discordia riscrive la legge del 2006 sull'affido condiviso, normativa che 12 anni fa rivoluzionò il concetto di "assegnazione" dei figli nelle separazioni e nei divorzi. Nonostante ciò la legge non è stata sempre applicata secondo la giusta lettura. Molto spesso, soprattutto al sud, molti tribunali preferiscono, per cultura, affidare i figli quasi sempre alle madri. Ci sono molti casi di padri emarginati, ma anche inadempienti. Così come ci sono madri adeguate o meno a prendersi cura dei proprio figli.
Intanto è già battaglia sul disegno di legge. La rete "Dire" dei centri antiviolenza ha lanciato una petizione su Change.org e indetto, contro la proposta di Pillon, una grande manifestazione a Roma il 10 novembre prossimo. Il timore, per le associazioni che difendono i diritti delle donne vittime di violenza domestica, è quello che la legge, se approvata in questo modo, “comporterebbe per le donne, con minori risorse economiche, l'impossibilità di chiedere la separazione e mettere fine a relazioni violente".