Returnal è il gioco che non t’aspetti. Da un lato sembra il classico sparatutto in terza persona, di quelli in cui si spara (tanto, e con gusto) agli alieni cattivi cercando di sopravvivere in un ostile pianeta disperso nello spazio. Dall’altro, il nuovo progetto di Housemarque è capace di cambiare faccia, costantemente e incessantemente, mentre chiede al giocatore di adattarsi a uno scenario mutevole, a una struttura che strizza l’occhio ai moderni roguelike e che costringe chi impugna il controller DualSense ad accettare poche ma semplici regole.
La morte è una di queste, quella più importante: in Returnal si finisce ben presto con sperimentare l’amaro sapore della sconfitta e a comprendere che, in fondo, passare a miglior vita è solo l’inizio di un discorso più ampio, di un ciclo infinito in cui Selene, astronauta precipitata sul misterioso pianeta Atropo, è costretta a rivivere lo stesso momento più e più volte fino a trovare la “chiave” per interrompere il loop temporale in cui è rimasta suo malgrado bloccata.
Loop che si verifica ogni qual volta l’esploratrice spaziale esaurisce l’Integrità della sua tuta, rappresentata dalla più classica delle barre dell’energia. La protagonista non è tuttavia il classico supersoldato che abbiamo visto in migliaia di avventure videoludiche e le bastano pochi colpi per ritrovarsi al tappeto: riaprirà gli occhi dallo stesso punto da cui è iniziata la sua avventura e si accorgerà ben presto di aver perso tutto (o quasi) ciò che aveva ottenuto nel ciclo precedente.
Tocca così ricominciare, adattandosi a un mondo che mantiene il punto di partenza ma che cambia costantemente la sequenza con cui vengono proposte le aree che compongono i vari biomi di Atropo, un pianeta la cui struttura tentacolare è caratterizzata da decine di percorsi interconnessi: aree principali, stanze opzionali, boss fight e segreti sono rimescolati (ma non creati proceduralmente, come spesso succede in giochi del genere) dal team ogni volta che il ciclo comincia da zero, offrendo al giocatore ben pochi punti di riferimento e bombardandolo, nel frattempo, con una quantità di informazioni, sistemi e meccaniche di gioco imponente.
Può sembrare spiazzante, soverchiante, alle volte persino frustrante, specie se si continua a morire più volte e a ricominciare dall’inizio armati della sola pistola e di una manciata di Etere, una delle poche (probabilmente la più preziosa) risorse che resta nell’inventario di Selene in caso di morte.
E in effetti, nelle prime battute di gioco, Returnal sa davvero come mettere a dura prova la pazienza del giocatore, dimostrandosi ostico quanto il più infame dei soulslike, come Dark Souls e i suoi fratelli: fino al momento di affrontare (e sconfiggere) il primo boss, il gioco ci invita a una prova di fede, chiedendoci di non mollare la presa e di tentare di assimilare nozioni, simbologie e strategie per ritentare la volta successiva con maggiore consapevolezza. Poi, man mano che passa il tempo, l’avventura confezionata dalle sapienti mani del team finlandese comincia a mostrarsi per quella che è, diventando più familiare a ogni morte.
Si iniziano a memorizzare corridoi e stanze, a decifrare i simboli sulla minimappa capendo quali aree conviene esplorare e quali, al contrario, sono assolutamente da evitare; si scopre quali forzieri sono potenzialmente in grado di offrire a Selene un’arma più potente ed efficiente rispetto alla modesta pistola che si acquisisce dopo le battute iniziali, e quali al contrario possono indebolire la tuta della protagonista, inducendo delle avarie che attribuiscono tutta una serie di malus con cui complicarsi l’esistenza in un pianeta non esattamente amichevole.
Tutto assume senso, coi suoi tempi, le sue mille difficoltà e un’idea alla base, quella del ciclo di morte/rinascita, che non fa mai sconti ma che, con la giusta padronanza e conoscenza, può essere ammorbidita, ingannata e addirittura sfruttata per avere la meglio sulle centinaia di creature che si muovono minacciose su Atropo. E quando Selene inizia a ottenere potenziamenti permanenti, come una spada che uccide in un sol colpo la maggior parte degli avversari, o un particolare rampino che consente di spostarsi nello scenario per raggiungere zone altrimenti inaccessibili, il gameplay continua a cambiare e a diventare sempre più interessante ogni ora che passa.
Alle meccaniche sparatutto, che come da tradizione di Housemarque sono rapide, precise e soddisfacenti, si aggiungono nuove armi, consumabili, reperti e persino parassiti: forme di vita aliene che, interagendo con la tuta della protagonista, entrano in simbiosi donandole ulteriori bonus e malus che possono fare la differenza tra vittoria e sconfitta.
Un plauso va fatto indubbiamente al team di sviluppo con sede a Helsinki, perché l’esperienza di gioco che ne consegue è di quelle magnetiche, intense, divertenti e incredibilmente avvincenti. Per tanti, ma probabilmente non per tutti: Returnal è un videogioco che abbraccia il genere dei roguelike distinguendosi da quei giochi che lo hanno reso celebre negli anni, narrando una storia intrigante e pregna di mistero attraverso filmati e audiodiari.
C'è persino un linguaggio alieno che, dopo aver scoperto gli Xenoglifi nascosti nelle lande di Atropo, consente a Selene di comprendere di più sulla natura di questo inquietante e oscuro pianeta che pare rappresentare la perfetta unione tra la saga cinematografica di Alien e quella videoludica di Metroid. Il punto, se vogliamo, è che in alcuni casi diventa difficile vedere di più di questo intrigante ibrido, specie se si resta “bloccati nel loop” e si fa fatica a liberarsi di un boss che sbarra il cammino verso il bioma successivo.
Data la natura casuale che regola la disposizione del percorso, le armi, i potenziamenti e gli oggetti che incontrerete lungo il cammino, arrivare al cospetto di uno dei tanti bestioni che regnano su Atropo potrebbe essere una passeggiata o un inferno, e non c’è assolutamente modo di determinarlo prima. Si può essere incredibilmente fortunati e superare un bioma tutto d’un fiato perché si è entrati in possesso di un potenziamento super efficiente, oppure incredibilmente scalognati perché ci si trova dinanzi a una sfilza di nemici cattivissimi nella prima area di gioco.
Coloro che resisteranno alla potenziale frustrazione e si riveleranno più forti delle avversità troveranno nel mezzo dozzine di citazioni, rimandi e omaggi al genere sci-fi e ad altre opere videoludiche che sono venute prima, e che Returnal trasforma in qualcosa di completamente diverso con quel tocco inconfondibile di chi, negli anni, si è fatto un nome confezionando opere del calibro di Super Stardust e, più recentemente, l’ottimo Resogun arrivato al lancio di PS4.
Giochi la cui natura arcade viene riproposta chiaramente dagli sviluppatori attraverso numerosi sistemi (si pensi all’Adrenalina, che aumenta ogni tre uccisioni e conferisce bonus speciali, o alla Competenza, il cui valore viene incrementato man mano che si sterminano nemici e grazie a cui si ottengono armi sempre più forti) e persino modalità alternative, come le Sfide che si possono affrontare alla ricerca del punteggio migliore oppure i cadaveri degli altri giocatori, da vendicare con orgoglio o depredare senza pensarci due volte.
Returnal è l’ennesima esclusiva di spessore per una console, PS5, che ci mette del suo per renderla più bella da vedere, più angosciante da ascoltare e molto più coinvolgente da giocare: graficamente, oltre a una direzione artistica stellare, il gioco può vantare ambienti di prim’ordine, il solito tripudio di effetti particellari, un sistema di illuminazione fenomenale e un frame rate che si attesta generalmente sui 60 fotogrammi al secondo (pur con qualche calo che avviene in biomi probabilmente più complessi dal punto di vista degli elementi e delle geometrie) che, insieme, danno vita a una cornice incredibilmente convincente.
L’audio spaziale e il controller DualSense fanno il resto: con le cuffie Pulse 3D create da Sony per PS5 si ha davvero la sensazione di essere proiettati tra le lande di un pianeta alieno, con sonorità inquietanti, rumori che si muovono nello spazio tridimensionale e una colonna sonora che, quando incalza, mette davvero i brividi.
Il joypad di nuova generazione contribuisce ad aumentare il coinvolgimento attraverso il feedback aptico che scandisce i movimenti di Selene, i suoi salti e persino le gocce della pioggia che bagnano la sua tuta spaziale. I grilletti adattivi sono utilizzati tanto per gestire la duplice modalità di fuoco delle armi (con una corsa a due livelli che consente di mirare premendo il trigger sinistro a metà, oppure di attivare la modalità alternativa con una pressione completa), quanto per sottolineare i diversi effetti che le bocche da fuoco sono in grado di produrre, il tutto contando sul supporto sempre prezioso dell’altoparlante interno di DualSense, che enfatizza determinati suoni per aiutare il giocatore a capire quando un’abilità è nuovamente pronta all’uso e altre finezze simili.
Ma la cosa che più stupisce, di Returnal, è il modo in cui il gioco sfrutta il disco a stato solido, il chiacchierato SSD ultra-rapido di PlayStation 5, per proporre su schermo tempi di caricamento praticamente inesistenti: dall’avvio del gioco ai primi passi su Atropo passano una manciata di secondi, gli stessi che sono necessari per ritornare a combattere in caso di morte e rinascita.
Impressionante, così come i cambi di location repentini e il passaggio da un bioma all’altro: tutti aspetti che rendono Returnal uno dei giochi migliori per sperimentare le potenzialità della console di nuova generazione giapponese. Se siete in cerca di un videogame con cui trascorrere decine di ore tra sparatorie e mistero, allora la nuova opera di Housemarque è decisamente quella che fa per voi.
Come lo abbiamo giocato
Abbiamo giocato a Returnal su PlayStation 5, avventurandoci in compagnia di Selene alla scoperta dei vari biomi di Atropo per oltre venti ore e dedicandoci a qualche sfida quotidiana per mettere alla prova le abilità acquisite nel tempo trascorso sul pianeta alieno. Vista la natura del gioco e l’ottimo sound design confezionato da Housemarque, è consigliabile avvicinarsi a Returnal muniti di una buona cuffia che possa trasmettere la sensazione di tridimensionalità resa a meraviglia dal team finlandese.
Può piacere a chi…
… ama gli sparatutto rapidi e gratificanti
… adora perdersi in un affascinante mondo tentacolare
… non ha paura di affrontare una sfida in continua evoluzione
Potrebbe deludere chi…
… preferisce un’avventura più lineare e poco impegnativa
… non ama i giochi in cui il game over equivale a perdere tutto
… tollera poco le produzioni di stampo fantascientifico
Returnal è un gioco consigliato ai maggiori di 16 anni.