Dopo Adele e Rihanna, anche Justin Bieber è stato accusato di appropriazione culturale. A finire nel mirino i dreadlocks sfoggiati su Instagram, che a detta di alcuni puristi sarebbero legati a doppio filo con la cultura afroamericana. "Sono semplicemente i miei capelli, tutto qui", ha replicato la popstar canadese sperando di mettere fine alla polemica.
Nonostante una parte degli afroamericani rivendichi l'esclusività dei dreadlocks, l'acconciatura ha origini antichissime e nel corso della storia si è legata a popoli diversi, con significati e motivazioni diverse. Dagli antichi guerrieri greci, passando per le mummie egizie e i popoli dell'Asia Minore, fino ad arrivare al buddismo e al movimento Rastafari: in tutto il mondo si trovano tracce di questo tipo di acconciatura.
Peraltro non è la prima volta che Justin sfoggia i dread. Già nel 2016 li aveva portarti sul palco dei iHeartRadio Music Awards e anche in quell'occasione era stato criticato per la scelta. Recentemente, invece, è finito nell'occhio del ciclone per aver osato omaggiare Martin Luther King nel suo nuovo album "Justice".
Nel corso della sua carriera Bieber si è schierato più volte in favore dei diritti degli afroamericani. Lo scorso luglio aveva infatti preso parte alle proteste per la morte di George Floyd e in quell'occasione aveva dichiarato: "La cultura nera mi ha ispirato e ne ho tratto benefici. Il mio stile, il modo in cui canto, ballo e la mia immagine ne sono stati influenzati. Mi sono sempre impegnato perché la mia visibilità sia un mezzo per parlare delle ingiustizie razziali e dei sistemi oppressori, in modo da essere parte del cambiamento".
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