Mentre le Nazioni Unite chiedono colloqui e l'Unione europea domanda la fine delle ostilità che infuriano da una settimana, continuano gli scontri alla periferia di Tripoli. Il premier libico Fayez al Sarraj ha dato mandato alla milizia Forza Anti Terrorismo di Misurata di entrare nella capitale per organizzare un cessate il fuoco. Salvini, smentendo l'invio di soldati italiani, attacca Macron e accusa: Parigi responsabile della nuova crisi.
La Libia non è più un porto sicuro? "Chiedete alla Francia", replica il vicepremier leghista, sostenuto nella sua posizione anche dal M5s. A partire dal ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, e dal presidente della Camera Roberto Fico, per una volta sulla stessa lunghezza d'onda di Salvini. La crisi libica, secondo il presidente della Camera, "è un problema che ci ha lasciato la Francia".
Eppure Roma e Parigi, appena qualche giorno fa, avevano espresso ufficialmente una posizione comune, insieme a Londra e Washington, per condannare l'escalation militare. Ma ora Salvini mette la Francia nel mirino, nemmeno troppo velatamente: "Penso che dietro ci sia qualcuno che ha fatto una guerra che non si doveva fare, che convoca elezioni senza sentire gli alleati e le fazioni locali, qualcuno che è andato a fare forzature", attacca il leader della Lega.
Per ora, dall'Eliseo non è arrivata una replica, ma dopo le schermaglie sulla gestione dei migranti la crisi libica è senz'altro una nuova sorgente di polemiche. Anche perché, in vista delle elezioni di maggio 2019 per il rinnovo del Parlamento europeo, Macron e Salvini puntano a presentarsi come i rispettivi alfieri del campo europeista e di quello sovranista.
Questa volta, però, le critiche a Parigi compattano tutto il centrodestra: anche il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, contesta infatti la Francia: "Macron sbaglia, un solo Paese non può essere egemone in Libia". E nella veste di presidente dell'Eurocamera auspica si trovi presto "un compromesso" perché la vicenda non può diventare "una partita tra Paesi".
Per quanto riguarda invece il coinvolgimento italiano in Libia, il governo assicura che i nostri soldati non saranno chiamati a combattere a Tripoli, smentendo "categoricamente" di voler intervenire con i corpi speciali per difendere il premier Fayez al Sarraj, come era stato ventilato in notizie circolate sulla stampa. L'Italia continuerà invece a lavorare alla conferenza sulla Libia che dovrebbe svolgersi a novembre e su cui il governo punta per mantenere un ruolo privilegiato nel Paese.
Intanto, però, resta alta la preoccupazione per i circa 430 italiani che si trovano in Libia. Fonti qualificate riferiscono che domenica sera sono stati evacuati dieci tecnici dell'Eni e diversi diplomatici dell'ambasciata. La rappresentanza di Tripoli resta comunque aperta, assicurano dalla Farnesina, anche se con una "presenza flessibile", cioè con meno personale rispetto al solito (lo stesso ambasciatore Giuseppe Perrone non si trova al momento nel Paese). Mentre dall'Eni spiegano che le attività "procedono regolarmente" e a Tripoli, epicentro della crisi, la compagnia non ha al momento personale italiano.