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Benedicta Boccoli: "La tv mi ha distrutta, ma il teatro mi ha salvata"

Scoperta giovanissima da Gianni Boncompagni, è stata protagonista del piccolo schermo a fine Anni 80: poi l'oblio

"Creatura televisiva" di Gianni Boncompagni, Benedicta Boccoli ha conosciuto la popolarità a fine Anni 80, inizio Anni 90, dove con la sorella Brigitta è stata tra le protagoniste del piccolo schermo. Poi è arrivato l'oblio e si è dedicata al teatro, dove ha recitato in trenta spettacoli in venticinque anni. "In tv non mi fanno fare nemmeno i provini per le serie" ha detto, raccontandosi al settimanale "Spy".

Benedicta Boccoli, dalla tv alla nuova vita a teatro

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"Il teatro mi ha dato quelle occasioni che la tv ad un certo punto mi ha tolto" ha sottolineato la Boccoli. Ma esiste un veto sul suo nome? E' lei a spiegarlo: "Non lo so, ma per fare un provino devo fare i salti mortali: ultimamente ho saputo che c'era un ruolo adatto alla mia età in una serie tv e solo perché ho chiamato il regista sono stata contattata dall'ufficio casting. A 50 anni lavorare così è un po' faticoso".

AUTOCRITICA - "Ho fatto autocritica e pensato ai miei difetti. Di certo pesa il cliché della ragazza di ' Domenica In': ma sono passati più di vent'anni. La sorella Boccoli è cresciuta e il mio curriculum parla per me. Purtroppo teatro, cinema e tv non si parlano. Alla mia età il provino è un diritto e invece a me nemmeno li fanno fare".

IL RAPPORTO CON BONCOMPAGNI - "Mi presero come ballerina a 'Pronto chi gioca' e prima di firmare il contratto Gianni mi chiamò: 'Vivi vicino a casa mia, vieni a fare la spesa con me' mi disse. A 19 anni mi trovai al supermercato con lui che riempiva il carrello di surgelati e mi faceva domande. Arrivati alle casse mi confermò che ero stata scritturata. Lui mi ha insegnato l'ironia e la disciplina, da lui nacque l'intuizione delle sorelle Boccoli: trent'anni dopo siamo ancora nella memoria colletitva e ci vogliono ancora bene".

GLI ANNI D'ORO - "Io e mia sorella rispettiamo il nostro passato perché senza quell'inizio non saremmo qui. Poi la tv non ci ha riconosciuto una crescita: senza fare la vittima, ma mi sarebbe piaciuto avere un po' più di rispetto. A fine Anni 80 facevo le vasche a via del Corso a Roma per fare il pieno di autografi. Mi piaceva la popolarità, ci sguazzavo. Poi, facendo sempre meno tv, la notorietà cala e capisci che non è fondamentale".

IL TEATRO - "Mi ha dato la possibilità di sfidare i miei limiti, impari un mestiere e soprattutto a stare con i piedi per terra. Devo molto a Giorgio Albertazzi: era immenso, tutti i giorni mi metteva alla prova". 

LA FAMIGLIA - "Tra i 30 e i 40 anni avrei voluto un figlio da Maurizio Micheli, ma lui non era d'accordo. Non è mai arrivato e non mi manca. Oggi io e Maurizio non viviamo insieme ma siamo una famiglia, io ci sono per lui e lui per me: è la mia casa e il legame che ci unisce è unico, a tratti quasi morboso".

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