E' cresciuta con due grandi passioni: la musica, studiando al Conservatorio, e il teatro. Ora può fonderle in un'unica esperienza. Guenda Goria porta in scena "La pianista perfetta", dove interpreta Clara Schumann, dandole corpo e voce ma anche suonando la sua musica. "Una figura clamorosa, una donna per molti versi moderna - dice a Tgcom24 -. Mi rivedo in lei perché mi sento una donna dell'800, del tutto dedita all'arte".
Figlia d'arte di due personaggi televisivi (il giornalista sportivo Amedeo Goria e la conduttrice Maria Teresa Ruta), Guenda ha seguito un percorso tutto suo, che l'ha portata a incrociare la televisione solo in occasione di una partecipazione all'Isola dei Famosi, nel 2010. Poi la bussola è stata il teatro. A ottobre sarà protagonista di "Cugine", accanto ad Anna Valle, ma il primo impegno è quello del 30 agosto, al Festival di Todi, con "La pianista perfetta", con la drammaturgia di Giuseppe Manfridi e sotto la regia di Maurizio Scaparro. "Sono entusiasta perché da sempre era un mio sogno poter coniugare le mie passioni. La musica è la mia formazione: 12 anni di conservatorio forgiano il carattere e la personalità. Nonostante poi abbia fatto altro la musica è rimasta la passione che ho più nel cuore, perché è un’arte pura".
Come è nato questo testo?
Ho pensato di mettere in scena una pianista e cercando ho trovato questa figura clamorosa, sia dal punto di vista storico che umano, che è Clara Schumann. Oltre che per la sua brillantezza musicale è interessante da raccontare come persona. Ha una storia d'amore toccante, finita in modo tragico con Schumann ricoverato in un ospedale psichiatrico per due anni dove lei non può vederlo. Inoltre ha otto figli, è un’intellettuale.
Una donna moderna.
Per molti versi sì. Ha anche contriibuito alla fama del marito perché suonava come bis nei suoi concerti pezzi di Robert Schumann che a quel tempo non venivano minimamente considerati né accolti. E fonde in sé gli estremi del maschile e femminile: lei è un’artista ma anche un impresario, parla di soldi, contratta, sistema il piano come fosse un meccanico. Quindi si parla anche dell’oggi in qualche modo, perché si mostra come la politica sia più importante dell’arte. A un certo punto Clara dice: “Lei è un impresario e può parlare d’arte, io sono un’artista e devo parlare di soldi”.
Tu interpreti Clara a tutto tondo perché non solo reciti ma suoni in scena i suoi pezzi.
Sì, ed è la prima volta, almeno in Italia, che viene messa in scena la figura di una pianista interpretata da un’attrice che la suona anche. E’ un orgoglio per me. Inoltre il testo è molto intrigante perché non racconta la storia di Clara Schumann ma racconta un momento preciso: il pomeriggio prima di un concerto, in una città straniera. Ed è un pomeriggio sbagliato, perché nulla funziona quindi lei, per la prima volta si sente vicina al marito che ha vissuto una vita di insuccessi.
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In cosa ti senti vicina alla Schumann?
Mi sento vicina per la profondità dei sentimenti. Il fatto che lei sia completamente dedita all’arte. E poi c’è questo rapporto d’amore che va oltre il tempo e lo spazio. Dialoga con Robert nonostante, al momento in cui è ambientata la pièce, sia da un anno che non lo vede. Io sono un po’ ottocentesca nella vita, e quindi mi ritrovo.
E come vive oggi una donna ottocentesca?
Malissimo! Sopravvivo da sola, nella mia arte. La bellezza ci salverà. E’ il mio rifugio emotivo e psicologico. Sono felice quando ho la possibilità di trovare spettacoli come questi e di parlare con un linguaggio che non è scontato o banale ma va nel profondo dell’anima e ci eleva. Abbiamo bisogno di elevarci dal piccolo mondo in cui tutti viviamo.
Ci si può riuscire?
E’ un’epoca di grande solitudine per tutti noi. Lo vedo anche dai social, che uso abbastanza. Ognuno sta nel suo, c’è poco slancio. Sembra tutto vicino in realtà è tutto lontanissimo, è una comunicazione senza responsabilità. Almeno questa è la mia sensazione. Leggendo le lettere di Clara si capisce come fossero più fattivi e concreti. C’è una frase in cui lei dice “se uno le cose le fa le deve fare fino in fondo”. Decidere di fare arte deve avere un significato alto, altrimenti perché lo facciamo? Quindi per me è molto bello frequentare spiriti di altri tempi che però sento molto vicini.
Questa tua attiditudine e il tuo percorso artistico sembrerebbero in contraddizione con la tua esperienza all'Isola dei famosi di qualche anno fa...
Io vengo da una famiglia che è da sempre nel mondo della televisione. E’ un po’ la mia cifra passare da cose che apparentemente non c’entrano nulla una con l’altra. Mi rendo conto che il conservatorio e Scaparro con l’Isola dei Famosi sembrano fare a pugni. Ma ho imparato a convinverci. Se si riesce a mantenere una propria identità, il comunicare attraverso media diversi può essere un arricchimento per se stessi e per gli altri.
Quindi nessun pentimento?
No, non credo ci si debba vergognare di portare se stessi in un contesto apparentemente lontano. Anzi, la reputo una sfida curiosa, spiazzante. Vivo le passioni del teatro e della musica classica profondamente, ma sono anche una donna di 29 anni che vive in questo Paese e per cui deve per forza comunicare anche attraverso i social, la televisione. E se necessario anche utilizzare un contenitore tipo un reality perché fa parte della modernità, fa parte del mondo in cui viviamo.
Non temi che il contenitore possa fagocitare in casi come questo?
No. Se si ha la capacità di mantenere una propria identità, si può rischiare di portare una bellezza in contesti in cui non è scontato debba esserci. Io cerco di vivere senza stare chiusa nella torre d’avorio ma anche senza praticare il trash. E penso che le persone lo percepiscano. Magari all’inizio mi è capitato di pagare pegno in alcuni ambienti un pochino più snob: “Fai l’Isola dei Famosi, non puoi fare il cinema”. Ma se le cose le fai con amore, preparazione e dedizione, magari non subito ma alla lunga la cosa viene colta.
Essere figlia d'arte per te è stato più un peso o una facilitazione?
Se togliamo l’Isola dei Famosi, alla quale ho partecipato in quanto legata alla partecipazione di mia madre, tutto il resto che ho fatto è stato sempre molto lontano dai miei genitori, come ambiente e come genere. E io ho contribuito a questa lontananza. Inizialmente non dicevo nemmeno chi fossero i miei genitori, li tenevo nascosti.
Volevi che la gente vedesse Guenda e non la figlia di...?
Assoltamente! Io sono una persona che se ha qualcosa deve essersela meritata. Ho bisogno che ci sia un corrispettivo tra quelle che sono le mie capacità e i risultati. In questo la musica è stata molto formativa. Non mi piace barare. Perché poi alla fine, prendere scorciatoie, ti porta sempre a pagare il conto. Ma soprattutto devono scegliere Guenda. E allora mi sento a mio agio. Tutto il resto non mi interessa.
In tanti cercano invece la scorciatoia...
Per una giovane donna posso esserci molti modi per arrivare: essere figlia d’arte, avere l’uomo che ti inserisce in un contesto… Io faccio in modo di tenermi alla larga da tutti questi perché impediscono a un’artista di avere il contollo sul proprio percorso. Io voglio capire a che punto sono e perché piaccio e sono scelta o perché non lo sono. E’ un modo che mi permette di essere serena nella mia vita.
E adesso lo sei?
Sono molto serena. Al punto che coinvolgo anche mia mamma per alcune cose. Ma ci ho messo un po’, per quanto sia contenta e orgogliosa di far parte della mia famiglia.