E poi arriva il momento. In cui sali sul treno per Salerno e torni a casa. No, non prendo l’aereo. Per una questione di bagagli (che sono grandi e pesanti e ripieni di scarpe) e per una questione di senso del viaggio. Sei ore ad attraversare l’Italia. Sei ore di flusso canalizzatore per rientrare in un’altra dimensione. Quella della vita “normale”. Milano, redazione, bollette, casa nuova da finire di ristrutturare, vacanze da organizzare. Il cosiddetto rientro.
Quest’anno Giffoni è stato speciale. C’era un’energia positiva e travolgente. Lo notavi negli sguardi di tutti, che era impossibile non essere contagiati “Ti sei divertito?” Ho chiesto a Maccio Capatonda subito dopo la masterclass. “Quest’anno più di sempre”. È la stessa sensazione che ho avuto anche io. Sarà perché c’erano più ragazzi. Sarà perché c’erano un sacco di concerti pieni di pubblico, musica, canzoni. Sarà per mille ragioni più o meno contenute nel programma. Sarà per le persone con cui ho lavorato: il super team di Coming Soon - che quest’anno ha dato il massimo di sé schizzando qua e là tra interviste, dirette, montaggi - e Sara ragazza dai capelli ricci di 21 anni e tanto carisma che mi ha seguita e suppo(soppo)rtata in queste giornate di festival.
Sarà perché alla fine sarà banale, scontato, melenso, ma vero. Giffoni a un certo punto diventa un po’ casa. Il tuo segreto, il tuo il caricabatterie da 5600 ragazzi a 40 gradi in mezzo alla Campania. Sai già da quando arrivi che tornerai più contento. Perché oggi, che sono tornata nella mia casa vera, mi sento così. Più serena, più sorridente, più forte. Ho potenziato la mia armatura. Grazie Giffoni. Festival e luogo dai superpoteri.