Emis Killa: "Venite con me, vi porto sull'otto volante del divertimento"
Il rapper milanese sta spopolando con il singolo "Rollercoaster" in attesa del nuovo album in uscita in autunno
L'appuntamento per il nuovo album di Emis Killa è fissato per questo autunno. Ma nell'attesa il rapper milanese è tra i protagonisti di questa estate con il singolo "Rollercoaster", che unisce rap a ritmi reggeaton. "E' nato da un session con Don Joe - spiega lui a Tgcom24 -. Mi sembrava perfetto per l'estate. Per me fare musica significa divertirmi e voglio che lo faccia anche il mio pubblico".
L'occasione per incontrare il rapper è la presentazione dell'ultimo smartphone nato in casa Huawei, di cui Emis Killa è testimonial. Dall'ultimo album sono passati due anni ma tra singoli, spot e ospitate tv Emis ha avuto modo di restare nel mirino dei fan. Ma ora è arrivato il momento di fare sul serio. "Mi sento molto bene, sono contento della strada che stiamo imboccando, credo sia quella giusta - ci dice -. Penso che il disco sia molto forte, abbiamo dei pezzi belli e tutti i segnali prima dell'uscita sono buoni. Tutti i singoli usciti dopo l'ultimo album sono andati molto bene e c'è un hype costante. Il singolo sta andando bene, le radio lo stanno suonando. La gente risponde bene nelle piazze e nei festival e anche questo mi rincuora perché è una reazione positiva da un pubblico generico, che non è il mio".
Punti ad andare oltre i confini dell'hip hop?
E' molto importante per me arrivare a un pubblico che vada oltre la cerchia dell'hip hop perché nessuno può diventare un vero big se rimane solo con i propri fan. Se guardi anche in altri ambiti è così. Prendi Vasco Rossi ha fatto del pubblico generico il suo pubblico, gente che magari lo ha scoperto e ci si è affezionata negli anni. E oggi è anche meno rischioso di una volta perché comunque le regole della musica sono cambiate parecchio.
C'è meno rigidità?
Molto meno. Una volta se uscivo dalle mie corde anche di poco erano tutti pronti a darmi del venduto o del commerciale. Adesso, anche per il mio genere, non esiste più credibilità. I nuovi esponenti hanno aperto il mercato in maniera tale che puoi andare in giro con i capelli rosa e vestirti in maniera eccentrica che nessuno ti dice niente. E questo ha giovato un po' a tutti quanti.
Ti senti più libero?
Mi sono reso conto che per esempio nessuno è venuto a rinfacciarmi che avevo fatto un pezzo con un ritmo reggaeton. Non c'è più il radicalismo di una volta. Da una parte è come aprire i cancelli a tutti, ci entra un po' di tutto, dall'altra la roba di qualità può vivere un po' più in pace.
Ma dici che la qualità viene davvero apprezzata?
E' più facile emergere, è più difficile spiccare in mezzo agli altri. Quelli della mia generazione erano molti di meno ma c'era una selezione all'ingresso talmente rigida che se superavi quella soglia eri talmente bravo che venivi riconosciuto da tutti in quanto tale. Oggi invece chiunque riesce a ottenere qualche tipo di affermazione ma non hanno la stessa sostanza: ci sono fenomeni di cui si parla per sei mesi e poi spariscono. Ne abbiamo già visti un po'.
Tu come ti senti nei confronti delle nuove leve?
Ho preso coscienza che essendo un po' il loro fratello maggiore non posso giocare il loro campionato. E neanche mi interessa. Devo puntare su altro. E in questo caso credo sia la qualità della musica.
Come è nato "Rollercoaster"?
E' nato con Don Joe. Sono andato in studio per una session. Mi ha fatto sentire un po' di basi e c'era questa che mi ha colpito perché aveva delle sfumature calde e latineggianti. Mi sembrava perfetta per l'estate. Inoltre quell'alè alè del ritornello è la prima cosa che è nata. Ce la siamo cantata io e lui, mi sono registrato sul telefono e tornato a casa mi sono scritto l'inciso.
Usi smartphone e tablet come strumento di lavoro?
In realtà no, è stato un caso. Io sono ancora uno che scrive a penna sulla carta. Credo di non aver mai scritto un testo sul telefono in vita mia. Non è per fare il poeta maledetto ma è che proprio non riesco a concentrarmi.
Quanto conta il lato ludico?
Tanto, è quasi tutto per me. Premettendo che quando lavori hai comunque dei momenti di stress, se stai facendo qualcosa che ti piace puoi passarci sopra tranquillamente. E questo vale dall'empatia che puoi avere con un produttore in studio alle persone che ti porti in giro quando vai a suonare. Devi stare bene, è proprio una questione di energie. Se te la vivi male allora tanto valeva fare un altro lavoro. E non riuscirei nemmeno a scrivere delle belle canzoni.
E quanto conta divertire il pubblico?
Allo stesso modo. Bisogna divertire il pubblico. Che non significa fare il comico o raccontare le barzellette sul palco. Devi invogliare il pubblico a tornare anche la volta seguente. Ne senti tanti che si lamentano perché sono andati a uno show e non era bello. Io mi sono sempre impegnato per far sì che questo non accadesse. Credo di essere empatico, di avere la capacità di entrare in sintonia con la gente e tenermela stretta senza fare il paraculo.
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