A bruciare tutti nella gara per celebrare i 500 anni dalla scomparsa di Leonardo (2 maggio 1519) non poteva che essere lo spazio che ne porta il nome e la città che lo rese celebre. Fino al 13 Ottobre il Museo nazionale della Scienza e Tecnologia di Milano presenta la spettacolare raccolta di macchine ispirate ai disegni leonardeschi, 52 modelli di macchine affiancate da quasi 30 affreschi di artisti del tempo e della scuola del maestro di Vinci. Come ha ricordato l’assessore alla cultura Del Corno, la storia artistica e urbanistica di Milano sarebbe stata diversa senza Leonardo. E’ grazie alla sua presenza se Milano, priva di una tradizione artistica all’altezza di Firenze, Venezia o Roma, poté da quel momento in poi essere sede di una scuola che attraverso artisti come Bernardino Luini - presente tra l’altro con un Salvator Mundi che ricorda quello dell’asta miliardaria di pochi mesi fa - o Gaudenzio Ferrari, avrebbe steso la sua influenza sul secolo che porterà a Caravaggio.
Leonardo Parade parla però dell’ingegnere più che dell’artista. Nel celebre curriculum contenuto nel codice atlantico dell’Ambrosiana e destinato a Ludovico il Moro, Leonardo elencava un impressionante serie di capacità e solo al decimo e ultimo punto accennava al fatto che sapeva pure scolpire e pitturare. Questa dualità è riflessa anche nelle collaborazioni che hanno portato alla realizzazione della mostra; al Museo della Tecnologia che deve il suo successo al mecenatismo imprenditoriale milanese, in questa circostanza espresso da Fondazione Cariplo, si affianca la pinacoteca di Brera dove erano un tempo ospitati gli affreschi che Napoleone fece staccare dalle chiese milanesi.
C’è un altro filo rosso che unisce poi l’architetto che restaurò sia Brera che il Monastero di san Vittore entrambi danneggiati dai bombardamenti. Si tratta di Piero Portaluppi, architetto di cui si parla molto in questi giorni per un’altra vicenda legata al patrimonio artistico milanese. Portaluppi realizzò infatti la casa di via Jan dove vivevano Antonio e Marieda Boschi Di Stefano. La coppia lasciò alla città la sua splendida collezione composta da oltre 2000 opere e insieme la abitazione che le ospitava. Alcune delle opere più belle ora stanno al Museo del ‘900 ma la casa di via Jan, aperta grazie ai volontari del Touring, ne riesce a ospitare solo 300. Si potrebbe utilizzare anche il piano di sopra che però il Comune ha messo in vendita - c’è una metropolitana da pagare. Astutamente il Comune ha però fatto filtrare la notizia in modo da dare l’opportunità a qualche cittadino generoso di entrare nella storia del mecenatismo meneghino.