la polemica

"Il Parmigiano fa male come le sigarette", ma ora l'Onu fa (mezza) marcia indietro

Continua la lotta contro i prodotti ad alto tasso di sale, grassi e zuccheri. Il ministro Centinaio: "Il made in Italy non si tocca"

© ufficio-stampa

Parmigiano Reggiano, prosciutto crudo, olio d’oliva e pizza farebbero male tanto quanto il tabacco e presto potremmo vedere campeggiare su questi prodotti l’etichetta: “Nuoce gravemente alla salute”. A lanciare l’allarme Onu e Oms in uno studio contro gli alimenti ricchi di grassi saturi, sale, zuccheri e contro l’utilizzo di alcol e fumo. L’obiettivo dell’Organizzazione della Nazioni Unite è quello di ridurre i consumi e prevenire le malattie non trasmissibili come diabete, malattie cardiovascolari e tumori. Ma dal Palazzo di Vetro, dopo la raffica di polemiche arrivate da parte del Ministro dell’Agricoltura Centenario e di alcune associazioni dell’agroalimentare, è arrivata la marcia indietro.

Fonti diplomatiche assicurano che la riunione dell'Assemblea Generale dell'Onu del 27 settembre si concluderà con una dichiarazione politica, da adottare per consenso, su cui sono in corso negoziati. Non sarebbe prevista quindi una risoluzione e tanto meno un voto sull’ipotesi di aumentare le tasse e applicare immagini dissuasive su alcuni prodotti di eccellenza Made in Italy.

L'Oms non "criminalizza specifici alimenti", ma fornisce indicazioni e raccomandazioni per una dieta sana, ha precisato Francesco Branca, direttore del dipartimento di nutrizione dell'Oms per la salute e lo sviluppo, evidenziando che le notizie di "bollini neri dell'Oms su tale o tale alimento non sono corrette".

La polemica si era accesa il 17 luglio scorso ed era nata dalla pubblicazione di un report del giugno scorso, “Time To Deliver”, in cui l'Oms aveva presentato una serie di possibili raccomandazioni ai Paesi per ridurre l'impatto negativo di questi cibi ricchi di grassi saturi, sale, zuccheri e migliorare la regolamentazione. Nel documento, in cui si fa riferimento alla riduzione del sale anche tramite la fissazione di livelli nei prodotti alimentari e tramite campagne di informazione sui media, non erano stati esplicitamente menzionati alcuni prodotti del made in Italy ma secondo alcuni media sarebbero potuti finire nel mirino dell'Oms anche eccellenze del paniere agroalimentare made in Italy come il Parmigiano, il prosciutto, l'olio extravergine.

Un'evenienza che ha suscitato l'ira del ministro dell'Agricoltura, Gian Marco Centinaio: “Se così fosse siamo alla pazzia pura. Ritengono che facciano bene alla salute prodotti come la Coca Cola o altri perchè light e poi ci condannano il Parmigiano o altri prodotti dell'enogastronomia italiana. Su questo faremo una battaglia molto dura". 

Anche l'industria alimentare ha alzato la voce attraverso l’Assica, l'Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi: "Non esistono cibi buoni e cattivi quando viene incentivato un regime alimentare moderato e variegato, come del resto indica la stessa Dieta mediterranea".

La acque si sono calamate dopo la dichiarazione del Consorzio del Parmigiano Reggiano: "Abbiamo letto con attenzione il documento "Time to deliver" e risulta evidente”, commenta Riccardo Deserti, direttore Consorzio, “che l'Oms non ha messo sotto accusa le eccellenze italiane, né tantomeno il Parmigiano Reggiano che è noto per essere sano e naturale, per l'alta digeribilità, l'elevato contenuto di calcio e minerali, l'assenza di additivi e conservanti. L'Oms esprime tuttavia raccomandazioni a favore dell'adozione di norme di etichettatura sui prodotti per evidenziare la presenza di sale e grassi saturi”.

“Questo punto apre il rischio”, lamenta Deserti, “che a livello mondiale si alimenti un sistema Arlecchino con grande confusione o, ancor più grave, che taluni paesi strumentalizzino tale raccomandazione per introdurre nuove barriere commerciali. Un pericolo”, sottolinea, che ci preoccupa. Occorre ora lavorare su più fronti, per chiedere di definire in trasparenza e coerenza linee guida generali per i sistemi di etichettatura promossi da Oms. Serve un approccio legato alla reale educazione sui comportamenti dei consumatori e non un semaforo".