Una ragazza che muore di leucemia linfoblastica acuta a 18 anni, una dolorosa vicenda giudiziaria che da tre anni si trascina per le scelte che portarono a quell'esito, su tutte il rifiuto della chemioterapia. Un calvario non ancora finito per i genitori di Eleonora Bottaro, la studentessa che si era battuta per rifiutare le cure ufficiali. Dopo essere stati prosciolti dal Gup a dicembre, i due adesso sono stati rinviati a giudizio per la morte della loro figlia. Dovranno comparire in Tribunale il 25 ottobre, per rispondere di omicidio colposo, aggravato dalla previsione dell'evento.
La polemica tra irresponsabilità e libertà - La polemica, anche sui media e i social, era andata avanti per mesi dopo la morte di Eleonora, il 29 agosto 2016. Da una parte la medicina ufficiale che, pur rispettando il dolore della famiglia, non aveva potuto "assolvere" il papà e la mamma della ragazza, Lino Bottaro e Rita Benini, seguaci dei metodi alternativi del medico tedesco Ryke Geerd Hamer. Dall'altro chi aveva difeso la libertà di scelta nelle cure di Eleonora e di tutti i malati come lei.
Il caso giudiziario - La coppia era stata anche privata della patria potestà, per aver firmato le dimissioni dall'ospedale della figlia, che - secondo l'accusa - sarebbe stata da loro convinta della nocività della chemio. La studentessa, originaria di Bagnoli di Sopra (Padova), si era ammalata a 17 anni. I medici dell'ospedale di Schiavonia e del reparto di Oncoematologia pediatrica di Padova l'avevano consigliata di sottoporsi alla chemioterapia, che - sostenevano - le avrebbe dato buone possibilità di guarigione. Ma la ragazza aveva rifiutato, preferendo fare ricorso a metodi riconducibili alla medicina alternativa di Hamer.
Il Gup che proscioglie i genitori - Dopo lo strazio per la perdita di Eleonora, per i due coniugi si era aperto quindi il capitolo giudiziario. Ma il Gup del Tribunale di Padova Mariella Fino aveva ribaltato tutto il 20 novembre 2017, pronunciamento il proscioglimento "perché il fatto non costituisce reato". Secondo il giudice infatti "va garantita la libertà di scelta nel campo delle cure mediche". La coppia aveva ascoltato la lettura della sentenza in aula sciogliendosi in un lungo pianto.
La Procura di Padova che fa appello - La decisione non aveva convinto l'accusa, che con il Procuratore aggiunto Valeria Sanzari ha fatto ricorso alla Corte d'Appello di Venezia, sostenendo che molti degli elementi della vicenda dovevano essere discussi nel processo. Tesi accolta dai giudici del secondo grado, che ora hanno mandato alla sbarra i coniugi Bottaro.