Tutti contro Tito Boeri. Il giallo sui numeri del decreto dignità finisce così, con un attacco diretto, "senza precedenti" come lo definisce lui stesso, al presidente dell'Inps, malvisto dai leghisti per le aperture sui migranti ed ora anche dai Cinque Stelle per le stime negative sulle ricadute occupazionali del primo atto del governo.
Alla fine sembra infatti essere stata proprio dell'Istituto previdenziale "la manina" che secondo Luigi Di Maio - e a quanto pare anche secondo il ministro dell'Economia, Giovanni Tria - avrebbe inserito nella relazione tecnica al provvedimento quei numeri sul calo dei contratti così poco graditi al ministro del Lavoro.
Così, per ricomporre il diverbio tra il Movimento 5 Stelle da una parte e il Tesoro e la Ragioneria generale dello Stato dall'altra, minacciati dai pentastellati di un repulisti generale, Di Maio ha specificato di non aver "mai accusato" né il ministero dell'Economia né la Ragioneria e, in un comunicato congiunto, Tria ha scaricato la responsabilità proprio sull'Inps. Per il titolare dell'Economia i calcoli dell'Istituto riportati nella relazione sono "privi di basi scientifiche e in quanto tali discutibili".
Un duro attacco che Matteo Salvini non esita a cavalcare: "Se Boeri non è d'accordo si dimetta", rincara la dose il vicepremier leghista. Mentre Di Maio osserva che "non possiamo rimuovere Boeri ora, quando scadrà - avverte il ministro - terremo conto che è un presidente dell'Inps che non è minimamente in linea con le idee del governo".
Ma Boeri, già entrato in rotta di collisione con il governo gialloverde per le diverse vedute sui ritocchi alla legge Fornero e sull'apporto positivo in termini previdenziali dei flussi migratori, abituato peraltro a muoversi controcorrente anche nei rapporti con i precedenti esecutivi, non ci sta. "I dati non si fanno intimidire", replica a Salvini, rivendicando le sue stime. Non sono quelle che devono spaventare, dice.
"Spaventa invece questa campagna contro chi cerca di porre su basi oggettive il confronto pubblico", contrattacca. Quello del governo è "negazionismo economico", insiste. Il presidente ammette che stabilire esattamente quale sarà l'impatto sul mercato del lavoro delle nuove norme nate per contrastare la precarietà non è facile, ma "il suo segno negativo è fuori discussione".
Tanto che la stima dell'Inps sugli 8mila contratti in meno è addirittura "relativamente ottimistica". La previsione è che il 10% dei contratti a tempo determinato che arrivano a 24 mesi non vengano trasformati in altri contratti, "ma diano luogo a flussi verso la disoccupazione riassorbiti dalla Naspi", quindi da coprire finanziariamente con risorse pubbliche.
Si tratta di stime, "non di dati", puntualizzano dal ministero dell'Economia. Proprio per questo, confermando i lunghi tempi di gestazione del decreto approvato il 2 luglio ma pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 13, da Via XX Settembre si fa notare come nello stesso decreto sia appositamente richiesto un monitoraggio ad hoc per valutare l'impatto nel tempo delle misure.
All'articolo 14 del provvedimento, dedicato esclusivamente alle coperture ed assente nelle prime bozze del decreto, comparso dunque proprio prima della bollinatura della Ragioneria, viene infatti prevista una verifica trimestrale "delle maggiori spese e minori entrate" derivanti dalle norme che riducono la durata dei contratti a termine, affidata però - ancora una volta - proprio all'Inps che dovrà informare ministero del Lavoro e ministero dell'Economia.
A dare in qualche modo manforte a Boeri è intanto Carlo Cottarelli: anche secondo lui un impatto negativo sui contratti ci sarà, ma la preoccupazione è soprattutto per il possibile "tentativo di rendere meno tecnica e meno obiettiva la valutazione di chi dovrebbe dare un giudizio obiettivo e tecnico dei provvedimenti del governo".