Bankitalia "lima" le stime del Pil 2018 e 2019: a pesare il rischio dazi
Dato modesto, ma positivo, quello sul numero di occupati che, a maggio, ha superato i livelli massimi pre-crisi e continuerebbe a espandersi, in media dello 0,8% all'anno
La Banca d'Italia rivede al ribasso le previsioni sul Pil, con una crescita che passa dall'1,4% all'1,3% per il 2018, mentre la stima per il 2019 passa dal +1,2% al +1% a causa, fra l'altro, dell'aumento del prezzo del petrolio. Sul futuro, come sottolineato da Bankitalia in una nota, pesano i dazi: "I rischi per l'attività economica derivano soprattutto da un'accentuazione dell'orientamento protezionistico nei principali Paesi".
Aumenta la propensione al risparmio - Al graduale rallentamento della domanda interna, spiega l'istituto centrale, si contrapporrebbe, dal prossimo anno, un contributo positivo e crescente delle
esportazioni nette. Nell'orizzonte previsivo non si completerebbe il riassorbimento dei margini inutilizzati di capacità produttiva. La crescita dei consumi proseguirebbe nel triennio di previsione, ma a un ritmo inferiore rispetto al 2017. Alla prosecuzione della fase ciclica positiva si accompagnerebbe poi un progressivo incremento della propensione al risparmio delle famiglie che tornerebbe in prossimità dell'8,5%.
Occupazione in aumento - Il numero di
occupati, che in maggio ha superato i livelli massimi pre-crisi, continuerebbe a espandersi, in media dello 0,8% all'anno. Il tasso di disoccupazione diminuirebbe in misura contenuta, portandosi al 10,4% nel 2020 (dall'11,2 del 2017), per effetto dell'aumento della partecipazione al mercato del lavoro, in parte connesso con il miglioramento delle prospettive occupazionali. Dato positivo anche sulla disoccupazione giovanile che, si legge nel bollettino economico, è in "graduale riduzione".
Fattori necessari alla crescita - Lo scenario, avvisa Banca d'Italia, "presuppone un
contesto globale favorevole, condizioni di offerta del credito distese, un assetto monetario ampiamente espansivo e un quadro dei conti pubblici compatibile con una graduale riduzione del rapporto tra il debito e il prodotto".
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