La sentenza

Cassazione: "Sull'assegno di divorzio pesa il contributo dato dall'ex coniuge al patrimonio comune"

I parametri su cui decidere l'entità del mantenimento saranno durata del matrimonio, potenzialità reddituali ed età

Nello stabilire l'assegno di divorzio "si deve adottare un criterio che tenga conto delle rispettive condizioni economiche e dia rilievo al contributo dato dall'ex coniuge al patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali e all'età". Lo ha stabilito la Cassazione sciogliendo un conflitto di giurisprudenza dopo che la sentenza sul caso dell'ex ministro Grilli aveva escluso il "tenore di vita".

Il parametro, così come indicato dalla sentenza n.18287 emessa dalle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione, si fonda "sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l'unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo".

Per il calcolo dell'assegno famigliare in caso di divorzio bisogna quindi considerare che "il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale".

Con la nuova sentenza la Cassazione di fatto supera quella dello scorso anno emessa nella causa tra l'ex ministro Vittorio Grilli e l'ex moglie Lisa Lowenstein, in cui si escludeva il tenore di vita tenuto nel matrimonio dalla coppia dal calcolo, valutando come parametro per stabilire l'ammontare dell'assegno "l'indipendenza o l'autosufficienza economica" dell'ex. Il nuovo orientamento, invece, prevede che nella valutazione si tenga conto del contributo dato da ciascuno dei membri della coppia al patrimonio familiare inteso non solo in senso finanziario, considerando che "il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale".

Per esempio, uno dei due coniugi può scegliere, di comune intesa all'interno nella coppia, di smettere di lavorare per dedicarsi ai figli: dunque "all'assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa", ed ecco perché è necessario, secondo la Cassazione, che il parametro si fondi "sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l'unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo". "Se il coniuge che richiede l'assegno di divorzio dimostra di aver contribuito alla crescita sociale ed economica dell'altro coniuge, il giudice dovrà riconoscere un assegno di divorzio", dice l'associazione avvocati matrimonialisti chiarendo che "non potrà poggiarsi sul principio del tenore di vita, principio ormai superato dalla giurisprudenza. Il giudice valuterà caso per caso l'ammontare dell'assegno". Si tratta di una sentenza che "stabilisce una volta per tutte un punto di equilibrio verso il coniuge effettivamente più debole per fattori di reddito o di età, facendo valere il contributo generale reso all'economia della famiglia".