Nell'ultimo decennio l'Albania ha riscoperto, grazie a lavori di ricerca e recupero congiunti di enti locali e stranieri, un tesoro inestimabile fatto di siti e reperti antichi che il governo albanese vorrebbe valorizzare per promuovere lo sviluppo di un turismo archeologico e rivalutare il ruolo di un Paese, dimenticato nella storia dell'umanità, che forse ha avuto più importanza di quanto il resto del mondo creda.
L'abbondanza di reperti archeologici diffusi sul territorio albanese ha attirato l'attenzione della comunità archeologica internazionale, che ha sollecitato il governo locale ad approvare misure di protezione dei propri beni culturali e ad organizzare spazi appositi in cui esporre e archiviare i ritrovamenti di scavi e ricerche in materia. La risposta dell'Albanian National Coastline Agency non si è fatta attendere ed è giunta sotto forma di una mostra fotografica esposta a Tirana di reperti rinvenuti in fondo al mare che circonda la Baia di Vlorё allo scopo di attrarre potenziali investimenti per la ricerca archeologica nella zona e la costruzione di un museo annesso.
La principale organizzazione che ha partecipato a livello internazionale ai lavori è stata l'americana RPM Nautical Foundation, pioniera nell'esplorazione dei fondali albanesi, che a partire dal 2007 ha potuto scandagliare accuratamente un'area sottomarina di circa 350 km, circa un terzo dell'area costiera albanese, per scoprirvi numerosi relitti di navi e vascelli datati a partire dal VI secolo a.C. fino alla Seconda Guerra Mondiale. Dopo un decennio in esclusiva sul campo, la RPM ha passato il testimone nel 2017 all'Institute of Nautical Archeology, una ONLUS texana che, grazie all'uso di sofisticati strumenti video, di fotogrammetria e di mappatura digitale che compensano la scarsità di fondi che è causa dell' attuale incapacità degli enti locali di svolgere tali ricerche per conto proprio, è in grado di individuare e recuperare reperti archeologici dalle profondità marine.
Il valore dei ritrovamenti avvenuti finora non è fine a se stesso, ma si può inserire in un quadro di scoperte storiche più ampio. Infatti, i relitti più antichi di navi mercantili greche corinzie risalenti al V e VI secolo a.C. con i loro carichi composti prevalentemente di anfore di olio e vino o mattoni da costruzione mostrano come quella che fino a pochi anni fa si era creduta un'area desolata del continente, adibita principalmente a rifugio di pirati, fosse in realtà uno dei principali scali commerciali dell'antichità. Inoltre, data la difficile reperibilità di relitti navali risalenti a questo periodo, i ritrovamenti in questione hanno permesso di colmare persistenti lacune riguardo allo studio dell'ingegneria navale dell'epoca in termini di materiali utilizzati e tecniche di costruzione e di manovra delle imbarcazioni.
I relitti romani dei secoli successivi confermano questa ipotesi, rivalutando una serie di antiche cittadine marittime albanesi da covi di pirateria a poli principali di una rotta di fiorente traffico commerciale che collegava Oriente ed Occidente come polo di scalo dei mercantili lungo le rotte navali che collegavano i porti della della penisola italica ai principali porti del Medio Oriente e a Bisanzio.
Questo è particolarmente evidente nel caso della cittadina marittima di Orikum, un piccolo porto dimenticato la cui posizione è stata però decisiva nel dettare le sorti della storia antica. Infatti, come narrato nelle cronache dei "Commentarii de bello civili" di Giulio Cesare, in questa cittadina il celebre generale romano riportò una vittoria navale contro il rivale Pompeo nell'Ottobre del 49 a.C. che segnò definitivamente le sorti della guerra civile a suo favore. Alcuni relitti dell'evento si trovano ancora in quell'angolo della Baia di Vlorё. La ricchezza archeologica dell'Albania non si trova soltanto sui fondali marini, ma è distribuita anche lungo le zone terrene.
L'Illiria (così era chiamata nell'antichità l'odierna Albania, prendendo il nome dai popoli illirici che vi si insediarono intorno all'anno 1000 a.C. ) fu infatti sede di alcune delle principali colonie dell'antica Grecia, che mantennero la propria importanza anche in seguito alle conquiste romane. Tra queste hanno particolare valore archeologico i siti di Epidamnus, sede dei resti di mattoni, frammenti di statue e scritture di ciò che è stato riconosciuto come l'unico tempio antico rinvenuto nella zona, di Apollonia, fondata dai greci nel 588 a.C. e centro di grande sviluppo artistico e filosofico dell'antichità, e della città di Sarandё, in cui il ritrovamento di particolari mosaici che illustrano elementi collegabili a ricorrenze e luoghi di culto ebraici, quali la raffigurazione di una Torah, una menorah, corna di montone ed alberi di limone porrebbe il sito della prima sinagoga antica ritrovata nell'area in questione.
L'enorme sito archeologico di Butrint, antica città fondata nel VI secolo a.C. come colonia di Corfu, è stato dichiarato ufficialmente patrimonio dell'UNESCO, contiene reperti archeologici di ogni genere che vanno dal VI secolo a.C. al Tardo Medioevo o Rinascimento, da ceramiche e frammenti di sculture a resti umani ed animali alla pavimentazione dell'antico foro romano meglio conservato al di fuori del territorio italiano.
La mappa archeologica dell'Albania pare dunque estendersi lungo un'area straordinariamente vasta, il cui valore in termini di beni culturali merita di essere riconosciuto anche dalla comunità internazionale e preservato per i posteri. Il governo albanese sta inasprendo i provvedimenti contro il saccheggio e l'appropriazione indebita di beni archeologici, estremamente comune nel Paese, ed ha espresso la volontà di appoggiare la promozione della conservazione dei reperti storici, anche con la prospettiva di poter sviluppare un turismo interessato alla Storia, ma attualmente gli investimenti in merito non sono neanche lontanamente sufficienti, e per un Paese povero come l'Albania la strada si prospetta lunga e tortuosa.