Tra il 2008 ed il 2017 il gettito legato alle accise sui prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi è aumentato notevolmente, passando dai 20,3 miliardi di dieci anni fa a 25,7 miliardi, riportando una crescita in termini percentuali del 26,6% (+5,4 miliardi di euro in termini assoluti). È quanto emerge dall’ultima analisi del Centro Studi ImpresaLavoro basata su dati del DEF e della Commissione europea.
Soffermandosi sui carburanti, il Centro Studi spiega che la componente fiscale pesa fortemente sul prezzo pagato dai consumatori finali, soprattutto in Italia. Nel nostro Paese, infatti, il prelievo statale rappresenta addirittura il 62,9% del prezzo finale della benzina, la terza incidenza più alta dell’Ue dopo Olanda, con il 64%, e Grecia, con il 63,2%. In media nell’Unione europea l’incidenza di tasse e accise sul prezzo finale è pari al 59,9%.
In generale il prezzo della nostra benzina (pari in media a 1,623 euro al litro nel 2017) è il quarto più alto d’Europa dopo Olanda (con 1,688 euro/l), Danimarca (1,671 euro/l) e Grecia (con 1,624 euro/l). Rispetto alla media europea, il prezzo pagato alla pompa risulta essere più caro dell’11,2%. Non solo, il pieno da noi costa il 5,2% in più rispetto alla Francia, il 10,1% in più rispetto alla Germania e addirittura il 20,1% e il 26,3% in più rispetto alle vicine Slovenia e Austria.
Discorso simile, se non peggiore, per il diesel. In questo caso, infatti, il nostro Paese con 1,501 euro/l occupa il secondo posto della classifica, posizionandosi alle spalle della Svezia (con 1,548 euro/l). In Italia nel 2017, un pieno di diesel costava il 10,7% in più rispetto alle media europea, il 2,7% in più rispetto alla Francia, il 16,1% in più rispetto alla Germania, il 16,3% in più rispetto alla Slovenia e il 21,57% rispetto all’Austria. Anche in questo caso, spiega l’Ufficio studi, «le tasse rappresentano una quota cospicua del prezzo finale: il 59,2% contro il 54,2% della media europea».