Paris Fashion Week

Sfilate Uomo a Parigi: il meglio della moda che verrà

Dopo Milano è stata la volta di Parigi. Nella Ville Lumiére, in occasione della Fashion Week conclusa con lo show di Kenzo, sono andate in scena le sfilate dedicate alla moda maschile Primavera/Estate 2019. Ecco il nostro Best of

Tra le centinaia di look mandati in passerella ecco quali hanno colpito il nostro immaginario. Per avere il meglio del meglio da sfogliare in meno di un minuto.

Trend: La grande Giovinezza
Moda e gioventù è un rapporto di lunga data: colpa della mentalità Millennial di oggi, ventenni e quarantenni, teenager e adulti ormai sembrano uguali, pensano con lo smartphone, vivono in streaming continuo, vestono come liceali. Sulle passerelle, a Parigi e prima a Milano, questo giovanilismo ha inondato senza controllo, espandendosi, stravolgendo o riequilibrando le identità dei marchi.

LOUIS VUITTON: con il debutto del nuovo direttore creativo Virgil Abloh che ha superato la prova dando tuto se stesso , il suo mondo di musica e di messaggi sociali, la sua visione di messaggi sociali, la sua visione design e street della moda come zeitgeist. Occhi puntati quindi sui social, occhi puntanti dei 3000 mila invitati alla sfiltaa, dispersi intorno a quella passerella record lunga 215 metri che tagliava il giardino del Palais Royal. Un catwolk arcobaleno, cambia colore la pedana, pendant con gli standing, studenti delle scuole di moda che indossano T-shirt in tinta con la gradazione cromatica. Un arcobaleno, un messaggio molto attuale, che viene ribadito anche dalla colonna sonora. Una rilettura di Over the rainbow, da Il mago di Oz. E proprio nelle stampe fiorate compare l'immagine di Dorothy. MA tutto parte da quel bianco assoluton dell'inizio, dove abiti formali si mescolano a silhouette workwear. All white, anche le borse, grandi, con catene che pensolano, con bag legate sul corpo per sottolineare una fusione tra persona e uso.

RAF SIMONS. Per il suo ritorno a Parigi lo stilista rende omaggio ai mostri sacri dell'alta moda francese. Giocando tra piercing, print da concerto e anticonformismo. Perché è alla storia della couture che guarda Simons, immaginando il suo racconto primavera-estate 2019 che segna il ritrono a Parigi dopo la pausa newyorchese. L'omaggio è ai couturier che hanno scritto la storia della Ville Lumière, ma con un retrogusto punkish. Ci sono i contrasti estremi di Yves-saint Laurent ma anche le architetture sontuose di monsieur Christian Dior. E poi le reti di Paco Rabanne e i suoi accenni space. In un mash-up scandito da note musicali degne di un rave party.

ISSEY MIYAKE. Tra artigianato e high tech, protagonista indiscussa, la camicia. Attraverso questo capo-faro del guardaroba maschile lo stilista giapponese offre una riflessione su come le frontiere tra la sfera professionale e quella più personale siano in evoluzione, dettando nuove regole stilistiche. Gli abiti da lavoro e quelli che per il tempo libero si scambiano i ruoli, in un vibrante avvicendarsi di modelli da indossare con pantaloni morbidi, completi grigio chiaro o portate come giacche, disinvolte e fluide su bermuda ombrggiati di sfumature ton-sur-ton.

LOEWE. La collezione, disegnata dal direttore creativo Jonathan Anderson, segna la seconda collaborazione con il fotografo americano Duane Michals, ed è stata immortalata a Casa Gallardo, una residenza privata di Madrid, dove undici protagonisti maschili si esibiscono in varie fasi dell'abbigliamento. La collezione racconta di viaggi attraverso universi spaziotemporali e presentaun'analisi fanciullesca dell'abbigliamento formale, nella quale i ricordi d'infanzia del designer si mixanocon motivi botanici  e geometrici come ricci di mare, conchiglie, bandane e leoni mitologici.

© portfolio-mondadori

VALENTINO: La tendenza streetwear e la couture non sono mai state così vicine, contaminandosi l'un l'altra, rompendo gli schemi e trasformando questo mix in qualcosa di extra-ordinario. Ma così contemporaneo. Le silhouette sono quelle urbane, oversize e morbide, marchiate con i must della Maison, in primis il logo. La personalizzazione diventa l'ultima stravaganza della street couture di Valentino by Pierpaolo Piccioli, che ha sfilato  al Musee des Arts Decoratif, custode di pezzi di varie tipologie, dal Medio Evo ai nostri giorni, testimonianza dell'arte decorativa francese e dell'abilità degli artigiani. Quella stessa abilità artigianale che si ritrova nella collezione, in cui couture fa rima con stravaganza. Così il direttore creativo Pierpaolo Piccioli esplora territori ignoti, lasciandosi ispirare da nuovi orizzonti musicali, simbologie antiche, arte classica. La colonna sonora, dello show ma anche della collezione, è la musica trap, quel genere derivane dall'hip hop sviluppatosi negli Stati Uniti negli anni novanta, e oggi di gran tendenza. Ma è l'uso del logo a dare il ritmo a tutta la collezione: VLTN diventa logo e lettering sui capi, con le lettere moltiplicate sulle superfici, ingigantite, tagliate, replicate. I bomber, i trench, i completi giacca e pantalone, tutti dalle forme oversize, iper-comode, morbide, hanno il tocco in più nel lettering VLTN.

HERMÈS: la sfilata si chiude con un invito al ben vestire senza eccessi di formalità o di originalità: il lusso è sussurrato grazie a silhouette semplici ma materiali preziosi sulla passerella dell'uomo di Hermès. Perché la designer Véronique Nichanian  forgia un guardaroba che mescola l'essenzialità e il Dna deluxe della maison francese. Tra camicie di pitone, bomber di suede dal sapore varcity, sandali minimal e shorts che ricordano i viaggi in barca. Il tutto destinato a diventare must-have.

© portfolio-mondadori

DIOR. La fluidità sembra essere qui subito di casa. Pantaloni rilassati, giacche doppiopetto ad un solo bottone, fantasie floreali che s'accendono su fondi irreprensibilmente neri. Per la primavera-estate 2019, l'uomo di Dior affina le sue armi di seduzione, gioca con il rosa pallido, esibisce bianchi luminosi, sfodera soluzioni accattivanti, contrapponendo di volta in volta tagli e volumi che compongono con studiata nonchalance una preziosa (ed intaccabile) armonia. Così. il secondo debutto più atteso della stagione, questo di Kim Jones alla direzione creativa della linea maschile di Dior (che con lui perde il suffisso Homme: l’altro debutto è quello di Virgil Abloh da Louis Vuitton al posto proprio di Jones), avviene all’insegno di un omaggio dichiarato al fondatore della Maison, quel Monsieur che dopo essere stato grande conoscitore e mercante d’arte, nel 1947 ha aperto la sua prima boutique al 30 di avenue Montaigne e ha fatto rinascere la moda colpita a morte dalla guerra con il suo New Look. Omaggio dichiarato ed evidente che porta Jones a usare i codici della couture femminile per una collezione che non può però ignorare la sua provenienza e la sua predilezione per lo streetwear. 

© portfolio-mondadori