il rapporto

Nigeria, Amnesty: donne in fuga da Boko Haram abusate dai soccorritori

Per l'associazione umanitaria, militari dell’esercito e della Task force civile avrebbero stuprato migliaia di ex prigioniere nei campi satellite

© -afp

Violentate, ridotte alla fame, costrette a vivere lontane da mariti e figli. Questo il destino di migliaia di donne nigeriane che, scampate alle milizie di Boko Haram, sono diventate vittime dei loro soccorritori, i militari dell’esercito del Paese o della Task Force civile. Teatro degli abusi i cosiddetti “campi satellite”, dove le ex prigioniere sarebbero state obbligate a vivere in condizioni disumane, spesso abusate, molte costrette a partorire in celle putride e sovraffollate, senza alcuna assistenza medica. Amnesty International fa sapere che solo nella base di Giwa dal 2016 sono morti 32 neonati e bambini e cinque donne.

La denuncia arriva proprio dall’associazione umanitaria, che ha condotto più di 250 interviste nei “campi satellite” sparsi in sette città dello stato di Borno. L’esercito nigeriano ha sottratto i territori alle milizie di Boko Haram nel 2015. Da allora chi abitava in quei villaggi non ha avuto scelta: tutti dovevano seguire i soldati nei campi, chi si rifiutava veniva fucilato.

Gran parte delle intervistate da Amnesty International ha fornito particolari raccapriccianti sulla permanenza nelle strutture. Chi si rifiutava di avere rapporti sessuali periodici con i soldati, veniva lasciata morire di fame. L’unico modo per non vedersi tagliato completamente il vitto era quello di accettare di diventare “la fidanzata” di uno di loro, ovvero la prescelta che doveva concedersi ogni qualvolta le veniva richiesto. Molte prigioniere hanno assistito alla morte dei familiari privati del cibo per giorni e giorni.

Nonostante l’associazione abbia fornito più aiuti quando, dall’inizio del 2015 fino alla metà del 2016, le quantità di cibo nei campi sono diminuite drasticamente, la stessa ha registrato centinaia, forse migliaia, di morti nell’Ospedale di Bama in quel periodo.

I dati più allarmanti riguardano la base militare di Giwa, dove, secondo il rapporto, da metà 2015 sono tenute prigioniere centinaia di donne con i loro figli.