Migliaia di armeni si sono radunati a Yerevan per ricordare le uccisioni di massa subite da parte dei turchi ottomani durante la Prima guerra mondiale. Era il 24 aprile 1915 quando il genocidio armeno ebbe inizio con l'arresto di 2.500 persone a Istanbul, deportate e poi giustiziate. Gli armeni hanno cercato a lungo di far riconoscere a livello internazionale come genocidio l'uccisione di 1,5 milioni di persone durante il crollo dell'Impero Ottomano. La Turchia nega la natura genocida degli omicidi, sostenendo che da 300.000 a 500.000 armeni e almeno altrettanti turchi morirono in conflitti civili quando gli armeni si ribellarono contro i loro governanti ottomani e si schierarono con l'invasione delle truppe russe.
Finora, almeno 29 Paesi - tra cui Russia e Francia - hanno riconosciuto le atrocità come genocidio, nonostante la feroce opposizione della Turchia.
"Dobbiamo imparare dalla storia - ha detto papa Francesco - per non ripetere gli errori del passato". "La comunità internazionale deve essere vigile e ferma sulle impunità che generano nuovi genocidi", afferma sua santità Aram I, invitando a non dimenticare come tutto è iniziato.
Una tragedia che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha riconosciuto ufficialmente nel giorno del 106mo anniversario. La mossa storica di Biden - mai nessun presidente americano l'aveva fatto - rischia di infiammare ulteriormente le tensioni tra Washington e Ankara, alleata sotto l'ombrello della Nato. Immediata, infatti, è stata la replica di Ankara. "La Turchia non ha lezioni da prendere da nessuno sulla propria storia", ha detto il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu.
Yerevan ha anche chiesto un risarcimento finanziario alla Turchia e il ripristino dei diritti di proprietà per i discendenti di coloro che furono uccisi nei massacri del 1915-1918.