Le voci sono quelle di sempre anche se i ritmi strizzano l'occhio alla dance di oggi. "Don't Go Breaking My Heart" è il singolo che segna il ritorno dei Backstreet Boys e anticipa il nuovo album in arrivo in autunno, il primo di inediti da cinque anni a questa parte. "Siamo grati al nostro passato e lo celebreremo sempre - dice Howie D a Tgcom24 -, ma avere nuove canzoni da cantare per noi è una boccata d'aria fresca".
Hanno marchiato gli anni 90 dell'esplosione delle boyband con brani e album dal successo planetario, da "Everybody (Backstreet's Back" a "As Long As You Love Me". Poi passata la sbornia da isteria collettiva il gruppo ha fatto di tutto per dimostrare di essere molto di più di cinque belle faccine capaci di ballare su un palco ai quali la definizione di "boyband" andava a dir poco stretta. Sono arrivati album alla ricerca di una maturità, tour, qualche abbandono con successivo ritorno. Fatta la tara sui fisiologici alti e bassi di popolarità, i Backstreet Boys sono rimasti comunque sempre in pista, inventandosi cose come la Backstreet Boys Cruise (una crociera-concerto) e un residency show a Las Vegas che partito con un programma di nove show alla fine ha girato la boa dei sessanta. E comunque nella testa dei cinque (ormai ex) ragazzi c'è sempre musica nuova. Come "Don’t Go Breaking My Heart". "Siamo molto contenti di questo nuovo brano. E’ stato un produttore scozzese, Stuart Crichton, a proporcelo - spiega Howie D -. L'anno scorso è venuto a vederci a Las Vegas dicendo di avere la canzone giusta per noi. All'epoca noi stavamo già lavorando al disco nuovo. La prima impressione è stata buona ma volevamo capire come sarebbe venuto con le nostre voci. Così siamo andati in studio a registrarlo e a quel punto siamo stati sicuri di quanto fosse un buon pezzo. E’ un’ottima rappresentazione di quello che siamo, ovvero un gruppo che ha sempre fatto musica con belle melodie e belle armonie vocali. Allo stesso tempo ha un bel testo che ci rappresenta e credo possa essere una bella canzone moderna che offre un aspetto diverso dei Backstreet Boys".
Da un punto di vista stilistico possiamo considerarlo un buon esempio di come sarà l’album che uscirà in autunno?
Diciamo che è un buon antipasto anche se nell’album poi cercheremo di coprire un ampio spettro di generi. I Backstreet Boys non sono una persona sola ma sono cinque personalità, ognuna con le proprie influenze musicali. Possono esserci richiami al pop, al country… noi cerchiamo sempre di realizzare un disco in cui, chiunque lo ascolti, possa trovare almeno una canzone che possa sentire sua.
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Il vostro successo è esploso sul finire degli anni 90, in quelli che sono stati gli ultimi anni d’oro della discografia. Poi è arrivata la crisi e tutto è cambiato: si vendono sempre meno dischi e c’è lo streaming. Cosa significa per voi pubblicare un nuovo album in una situazione come questa?
Cambia poco rispetto al passato, per noi pubblicare musica nuova è comunque eccitante. Ci dà la possibilità di suonare dal vivo cose nuove, apre un capitolo inedito nelle nostre vite. Siamo grati della carriera che abbiamo avuto, di tutti gli album pubblicati e delle canzoni fatte. Ogni volta che le cantiamo sul palco portano con sé grandi emozioni e ricordi. Ma cantare canzoni nuove è una boccata di aria fresca. E’ ovvio che in tour celebreremo sempre il nostro passato, ma poterlo inserire in un contesto di brani nuovi dà un senso al nostro percorso artistico.
Quando scrivete canzoni nuove avete più un occhio ai fan storici o puntate a trovare un pubblico diverso?
Entrambe le cose. Abbiamo una fan base eccezionale e devota. Alcuni ci seguono dal primo giorno, non ci hanno mai lasciati nel corso degli anni, sono cresciuti insieme a noi. Non dobbiamo mai dimenticarci di loro e cercare di non deludere le loro aspettative. Ma allo stesso tempo essere in grado di trovare nuovi fan è per noi una sfida stimolante. Catturare l’attenzione di ragazzi di oggi è gratificante. Senza contare che spesso i fan storici vengono ai nostri concerti ormai con i loro figli, quindi ai nostri show ci sono almeno tre generazioni di appassionati. E' un processo naturale: quando ero piccolo io sono diventato un fan degli Eagles perché i miei genitori me li hanno fatti conoscere.
Negli anni 90 suonavate di fronte a platee di ragazzini poco più giovani di voi o coetanei. Oggi vi trovate a esibirvi davanti a ragazzi che possono avere anche vent’anni meno di voi. Questo cambia il modo di approcciarsi allo show?
Parto dal presupposto che esibirmi per un pubblico per me è una fortuna impagabile. Qualunque età esso abbia. Anche cantare di fronte ai miei figli è speciale. Loro hanno 9 e 5 anni e vanno a scuola e le loro insegnanti erano nostre fan. Credo che, indipendentemente da chi hai davanti, quando ti esibisci per qualcuno devi farlo con integrità, onestà e la miglior qualità possibile. Che tu abbia davanti un bimbo di 5 anni o una platea di quarantenni.
Guardandoti indietro sapresti dirmi quale è stato il momento più alto della vostra carriera?
Ci sono stati molti momenti indimenticabili. Essere in grado di pubblicare il nostro primo album e poi vederlo diventare velocemente disco d’oro, disco di platino e un fenomeno internazionale. Abbiamo girato il mondo, abbiamo ricevuto premi. Cinque anni fa abbiamo ricevuto la stella sulla Walk of Fame… è difficile dire quale sia stato il momento più bello. Abbiamo vissuto 25 splendidi anni di musica.
E il momento più brutto invece?
Ovviamente insieme alle cose belle ci sono state quelle brutte. Ma riguardano più la sfera personale. Penso ad alcuni momenti in cui abbiamo perso dei parenti, delle persone care, e non potevamo essere con loro perché impegnati in giro per il mondo. E in quei frangenti non puoi fermare tutto, scendere dalla macchina e dire ‘ci vediamo tra qualche settimana’. Ognuno di noi poi ha dovuto affrontare qualche problema di salute. E a volte è difficile scendere a patti con il fatto che in un mondo come questo la privacy è qualcosa che ti viene tolta.