di Marco Calindri marcocalindri@libero.it
Non mi è facile ricordare la figura di Paolo Ferrari, mancato ieri all’età di 89 anni, dopo aver avuto l’occasione di condividere con lui un periodo di lavoro, tanti anni fa, in Sud America e in successivi momenti .
Dal punto di vista professionale, l’attività di attore è cominciata alla giovane età di 9 anni. La sua caratteristica artistica più rilevante, a mio avviso, era la capacità di affrontare ruoli teatrali, cinematografici o televisivi con grande sensibilità interpretativa, adattandosi con particolare naturalezza, ai differenti ruoli.
Paolo Ferrari era un interprete di particolare intensità e ampiezza, sia nei ruoli leggeri che in quelli più drammatici, ben consapevole di saper gestire con abilità i timbri vocali, di cui era dotato, che gli permettevano di scandire le battute con i toni più efficaci. E' stato anche un doppiatore cinematografico particolarmente apprezzato.
Nel corso della sua carriera artistica, Paolo ha affrontato ruoli teatrali al Piccolo Teatro di Milano, sotto la regia di Giorgio Strehler, film come ‘Le voci bianche’, di Pasquale Festa Campanile, programmi televisivi come ‘Giallo Club’ o ‘Orgoglio’ e la commedia musicale ‘Hello Dolly’, con Loretta Goggi, fino a legare la propria immagine, con grande successo, a una marca di detersivo.
Ovviamente, oltre agli esempi che sopra ho citato, sono stati tanti gli spettacoli teatrali e le ‘fiction’ televisive che Ferrari ha interpretato come protagonista di primo piano.
Ho provato a riflettere sul motivo che porta a rimpiangere grandi attori/trici che, anche solo per ragioni anagrafiche, non sono più in grado di offrire le loro capacità artistiche.
Temo che, nella maggior parte dei casi, gli attori che oggi vediamo sui nostri schermi o sui nostri palcoscenici, mostrino un’evidente carenza di personalità, di tecnica e di espressività lontane, per una serie di ragioni, da quelle delle passate generazioni. E’ del tutto evidente che gli spettatori più giovani, non hanno la possibilità di fare confronti e non rimane loro che adattare il proprio senso critico a ciò che viene loro proposto.
Dico queste cose ritenendo di interpretare anche il pensiero di Paolo Ferrari, così come ho potuto riscontrare da numerose conversazioni, con lui, su questo argomento.
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