Più di quindici milioni di copie vendute, traduzioni in 40 Paesi, lettori fedelissimi fin dall'anno del debutto, il 1994, e un personaggio inventato che ormai, nell'immaginario collettivo, esiste davvero in quella "sua" Vigata. Eppure, il commissario Montalbano ha conquistato tutti ma non il suo "creatore": "Non lo amo - dice Andrea Camilleri in un'intervista al Corriere della Sera - Non sono un ingrato, mi ha dato fama e denaro, ma se fosse meno ricattatore sarei più contento. Non è facile mantenere la vena creativa senza ripetersi". Lo scrittore di Porto Empedocle, a 92 anni, è alle prese con una nuova sfida: salire sul palco del Teatro Greco di Siracusa per portare in scena l'11 giugno il suo monologo "Conversazioni su Tiresia". E guardando al passato si lascia andare a qualche confessione sul personaggio cult che gli ha cambiato la vita.
"Mentre scrivevo il primo romanzo mi dissero: con la lingua che usi, chi vuoi che ti legga? Ora è tradotto in quasi quaranta paesi e la cosa è un po’ pesante. Non mi sono mai sentito un Simenon, un maratoneta che sforna romanzi a ripetizione con lo stesso personaggio. Sono al massimo un centometrista. E invece una ciliegia tira l’altra, da vent'anni". Un traguardo ma anche una sorta di obbligo che Camilleri dice di sentire. "Il mio editore mi ripete che, pubblicando un nuovo romanzo su questo personaggio, riparte la vendita degli altri miei libri".
E poi, racconta con la sua pungente ironia, anche la storia delle traduzioni è diventata pesante. Anzi, "un incubo. Ogni tanto qualche traduttore mi chiama per concordare il senso di una frase e devo poi andarmi a rileggere il romanzo in cui l’ho scritta. I giapponesi traducono addirittura dal tedesco, figuriamoci cosa ne posa venir fuori: meglio non indagare".