Un orso bruno marsicano è morto nel Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise durante un'operazione di cattura prevista tra le attività autorizzate dal ministero dell'Ambiente. "La squadra ha effettuato le procedure per anestetizzare e mettere in sicurezza l'animale, il quale già nella prima fase ha manifestato problemi respiratori", ha precisato il Parco, spiegando che è stato seguito il protocollo di cattura già ampiamente collaudato.
La morte dell'orso si è verificata in un sito di cattura nel Comune di Lecce nei Marsi, nell'Aquilano, allestito a febbraio e controllato con un impianto di videosorveglianza. La squadra di cattura, allertata dal segnale di allarme collegato al sistema, ha verificato la presenza di un orso in trappola e, spiega il Parco, seguendo il protocollo ha effettuato "le procedure necessarie ad anestetizzarlo e metterlo in sicurezza". Nonostante le manovre di rianimazione, però, l'animale (un giovane maschio in precedenza mai marcato né dotato di radiocollare) è morto in poco tempo.
"E' la prima volta che ci troviamo di fronte a un'emergenza anestesiologica in occasione di una cattura", ha spiegato il presidente del Parco, Antonio Carrara, sottolineando che, per quanto il protocollo utilizzato riduca i rischi per l'orso "non si possono escludere totalmente. Confermo la piena fiducia nello staff del parco e mi auguro che l'analisi necroscopica possa fare piena luce sulle cause di morte". La carcassa del plantigrado sarà ora trasferita all'Istituto Zooprofilattico per l'accertamento delle cause della morte.
"Ci auguriamo che i carabinieri forestali e la magistratura facciano presto chiarezza sul caso", scrivono in una nota i responsabili provinciali del Movimento animalista, sottolineando come "vi sono inquietanti somiglianze con l'uccisione dell'orsa Daniza, in Trentino, nel settembre del 2014. Anche in questo caso la morte dell'animale potrebbe esser stata causata da una dose eccessiva di anestetico. Resta il fatto che abbiamo perso un altro orso marsicano, una sottospecie ridotta al limite dell’estinzione (si stima che ce ne siano appena una cinquantina) dal bracconaggio e dall'antropizzazione del suo territorio. Per questo non possono esserci esitazioni nel difendere quest’inestimabile patrimonio di tutti, né perdonismi quando si tratta di individuare precise responsabilità".