L'alimentazione può allungare la vita e frenare l'invecchiamento. Dipende da cosa si mangia, ma sono altrettanto importanti anche altri fattori. Uno di questi è "quando" si mangia. Per esempio è importante assumere cibo in determinate ore del giorno e mai in prossimità del sonno. E' consigliato anche alternare un'alimentazione normale a periodi di digiuno controllato. Questi sono alcuni dei risultati emersi dagli studi più recenti sull'alimentazione. Le ricerche sono state presentate al Campus Ifom-Ieo di Milano in occasione del Forum “La nuova era della nutrizione: dai meccanismi molecolari alla salute umana” organizzato dalla Fondazione Ibsa di Lugano.
Al Forum hanno partecipato diversi esperti italiani e internazionali provenienti dalla Germania, dalla Spagna, ma anche dagli Stati Uniti e dall'Israele. "Esiste un modo, oltre alle buone regole del mangiar sano, per frenare l’invecchiamento e allungare la vita attraverso l’alimentazione?". E' la domanda a cui ogni studioso ha cercato di rispondere con la propria ricerca.
La dieta Tre - Satchidananda Panda, professore dello Salk Institute-Regulatory Biology Laboratory di La Jolla (California), è partito dal presupposto che alcuni studi sugli animali dimostrano che mangiare solo in determinati momenti della giornata seguendo il ritmo naturale sonno-veglia aiuta l'organismo a ridurre le infiammazioni croniche e la tendenza all'obesità. Il docente ha presentato al Forum i risultati della sua ricerca. "L’alternanza veglia-sonno - ha detto Panda - condiziona la produzione di ormoni importanti (insulina, glucagone, grelina ecc.) che sono coinvolti nel metabolismo. I nostri studi suggeriscono di non assumere il cibo 3 o 4 ore prima di andare a dormire e 1-2 ore dopo il risveglio. Questo regime alimentare viene chiamato TRE (time-restricted eating)".
Il digiuno intermittente - Alternare periodi di alimentazione normale a periodi digiuno controllato può aiutare l'organismo a placare i sintomi delle malattie infiammatorie, ma anche di altre patologie. A condizione che l’astensione dal cibo venga programmata e seguita da uno staff medico esperto. A questa conclusione è arrivato Andreas Michalsen, professore di medicina clinica complementare al Charité University Medical Center di Berlino. "Nel nostro ospedale - ha detto - abbiamo seguito più di 20mila pazienti, finora, che si sono sottoposti a diverse forme di digiuno sotto controllo medico. I risultati sono stati ottimi, per quanto riguarda il diabete, l’ipertensione, l’emicrania, la fibromialgia, l’artrite reumatoide". Secondo il docente esistono diversi schemi di digiuno intermittente. "Un giorno di digiuno alla settimana fornisce risultati modesti, a breve termine. Altri schemi più efficaci, invece, prevedono, ad esempio, 5 giorni di digiuno nell’arco di due settimane, o 16 nell’arco di 8 settimane, sempre sotto stretto controllo medico", ha affermato il professore.
Misurare i batteri dell'intestino - Molti non lo sanno ma nel complesso i batteri del nostro intestino pesano più di un chilo. La loro presenza può influire, positivamente o negativamente, nell’insorgenza di malattie come il diabete, l’obesità, ma anche disturbi circolatori. Al Forum sulla nutrizione, il ricercatore Eran Segal, professore presso il Dipartimento di Computer Science e Matematica applicata al Weizmann Institute of Science di Rehovot (Israele), ha portato i risultati di un recente studio, condotto dalla sua équipe, sul ruolo dei batteri intestinali nel rapido recupero di peso che affligge le persone obese dopo una dieta. "Abbiamo scoperto che, in alcuni casi, nell’intestino delle persone obese sono presenti batteri in grado di rendere più difficile il dimagrimento", ha spiegato Segal. Per esempio se il paziente si sottopone a una dietà è possibile che i batteri dell'intestino "ricordino" il livello di peso precedente e lavorino per ripristinarlo.
Segal, grazie alle sue competenze in informatica e in genetica, applica i sistemi di calcolo più avanzati per studiare la composizione batterica dell'intestino e gli effetti sull’organismo. Ed è riuscito a sviluppare una sorta di algoritmo in grado di prevedere la risposta glicemica di ogni singola persona, sulla base dei dati clinici e della composizione dei batteri presenti nell’intestino. "Questo è particolarmente importante per chi è a rischio di diabete", ha detto il docente.
La nutrigenomica - Durante il Forum si è parlato anche dell'ipotesi secondo cui le piante hanno prodotto nel corso dell'evoluzione una serie di sostanze in grado di allungare la vita degli animali che vivevano intorno a loro per aiutarli a evolversi. Gli esperti l'hanno chiamata co-evoluzione. I ricercatori dell'Istituto Europeo di Oncologia hanno individuato alcune molecole in grado di agire positivamente sul Dna delle cellule. "Finora ne abbiamo trovate e descritte sette", ha detto Lucilla Titta, coordinatrice del Progetto e organizzatrice scientifica del Forum. Si chiama nutrigenomica ed è la nuova frontiera nel campo dell'alimentazione.