Violenti scontri con 15 morti, oltre 1.400 feriti, tra manifestanti palestinesi ed esercito israeliano in almeno cinque punti lungo la barriera di protezione, da nord a sud, tra lo Stato ebraico e Gaza. Questo il bilancio del "Land Day" e della "Marcia per il ritorno", appoggiata da Hamas, che hanno portato - nonostante i numerosi avvertimenti di Israele a desistere dall'impresa - circa 30mila dimostranti palestinesi di Gaza al limite dei reticolati della barriera di protezione.
Una manifestazione massiccia che in breve si è trasformata in una vera e propria battaglia con lancio di bombe incendiarie, sassi, copertoni di gomme in fiamme e, in risposta, gas lacrimogeni e pallottole vere. Uno scontro temuto da molti commentatori nelle settimane passate e che ha fatto impennare la tensione tra Israele e Hamas, con esiti al momento imprevedibili visto che le "Marce per il ritorno" dureranno ancora per almeno sei settimane. Ovvero, fino alla data di metà maggio in cui nel 1948 nacque lo Stato di Israele e che i palestinesi ricordano come la "Nakba", la Catastrofe.
Scontri si sono avuti anche in Cisgiordania con almeno, secondo fonti palestinesi, 30 feriti. Il presidente Abu Mazen ha dichiarato per sabato "una giornata di lutto nazionale" in omaggio "ai martiri", ha spiegato, uccisi "in difesa dei loro legittimi diritti nella creazione di uno stato palestinese indipendente con capitale Gerusalemme Est e dei luoghi sacri islamici e cristiani". "E nel loro diritto - ha sottolineato - tornare alle proprie case e alla terra dalla quale sono stati espulsi". Poi ha incaricato l'ambasciatore palestinese all'Onu di chiedere al Palazzo di Vetro "la protezione internazionale".
Israele - che, dopo i giorni, è tornato ad ammonire i manifestanti con messaggi sui social e volantini lanciati oltre il confine - ha addossato la colpa della situazione ad Hamas che "mette in pericolo le vite dei civili e le usa a fini terroristici". "E' responsabile" - ha sottolineato - dei disordini violenti" che servono a "camuffare atti terroristici". Ed ha fatto sapere che "una ragazzina di sette anni e' stata mandata" da Gaza verso i reticolati per superare il confine.
Le dimostrazioni, ha annunciato il capo di Hamas Ismail Haniyeh partecipando alla "Marcia" insieme alla dirigenza della fazione islamica, "segnano l'inizio del ritorno dei palestinesi in tutta la Palestina. Siamo qui per dichiarare che il nostro popolo non concorderà mai nel considerare il ritorno solo come uno slogan". Un messaggio, ha poi spiegato, lanciato al presidente Trump per la decisione su Gerusalemme e per ricordare che il tema del ritorno dei palestinesi, profughi dopo la nascita di Israele, deve far parte di ogni eventuale trattativa futura.
Già dalla mattina di venerdì i primi manifestanti si sono diretti verso la barriera dove erano state erette nel frattempo numerose tende di appoggio alla protesta. I primi scontri sono cominciati quasi subito, ingrossandosi via via durante il giorno in un crescendo che l'esercito Israele considera "non terminato" e che gli ha fatto dichiarare l'area attorno alla Striscia "zona militare chiusa". Tra i palestinesi morti, i militari hanno detto di aver individuato "due membri dell'unità d'elite di Hamas, Nukhba" e che tutti gli altri "erano attivisti del terrore".
Il timore, secondo i militari, è che lo scenario prosegua con "tentativi di infiltrarsi in territorio israeliano, attacchi improvvisi con ordigni esplosivi e lancio di razzi dalla Striscia". Nello scontro ravvicinato, l'esercito ha anche detto di aver sventato "un tentativo di attacco a colpi di arma da fuoco da una parte di una cellula del terrore" nel nord della Striscia. La risposta sono stati colpi di artiglieria e dell'aviazione nei pressi di siti di Hamas.