SUCCESSI ANNI 80

Gazebo: "Celebro la musica che è stata bistrattata dai critici"

E' uscito "Italo By Numbers", album nel quale il cantante interpreta brani celebri della scena italiana dei primi anni 80

di Massimo Longoni

© ufficio-stampa

Un tuffo negli anni dorati della "Italo Disco" grazie a uno dei suoi maggiori esponenti. E' questo "Italo By Numbers", l'album in cui Gazebo reinterpreta alcuni dei maggiori successi dell'epoca, da "Self Control" a "La Dolce Vita" passando per "Tarzan Boy", "People From Ibiza" e naturalmente i suoi "I Like Chopin" e "Masterpiece". "Sono brani che da noi molti hanno considerato di serie B  - spiega a Tgcom24 -, ma nel mondo spopolano ancora oggi".

Dici Gazebo e non puoi che pensare ai primi anni 80, quando le classifiche non erano popolate solo dalle stelle del pop internazionale, ma anche da canzoni assolutamente nostrane ma cantate in inglese e con un occhio all'estero. Paul Mazzolini (questo il suo vero nome), ha segnato quell'epoca con almeno due successi strepitosi, firmandone altri. Poi la carriera è proseguita su altre strade, tra il ruolo di produttore e autore e 8 album in studio, un doppio live e innumerevoli compilation. Adesso si riappropria di quel patrimonio con un album che contiene buona parte dei successi di quella parentesi della nostra scena musicale.

Come è nata l'idea di questo album?
Nel 2015 ho fatto un disco molto elettronico e mentre ero in studio, giocando con il mio moog mi sono messo a fare "Tarzan Boy". Mi sono divertito come si è divertito chi era lì con me, e da lì è nato lo spunto di un disco che doveva essere essenzialmente ludico.

In genere chi rifà canzoni storiche le riarrangia o ne modernizza le sonorità. Qui invece sembra di fare un tuffo nel 1983...
In tutto il mondo l'Italo Disco è un genere amatissimo, fanno festival che attirano ogni anno migliaia di persone. Allora ho pensato di ricantare i brani dell'epoca mantenendo le sonorità originali. Piano piano è nato anche un fake, una finta canzone dell'epoca, in realtà assolutamente nuova.

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Ti riferisci a "La divina", dove per la prima volta canti in italiano. Come mai?
Il testo mi è stato ispirato dal mio insegnante di canto. L'ho incontrato dopo anni ed era veramente messo male, in rovina, un homeless. Ma quello che non ha perso è la sua passione per Maria Callas che ha avuto da sempre. E per questo ho pensato al testo in italiano, intitolato "La divina". 

Come mai, visto che all'estero ancora è apprezzata, l'Italo Disco è stata abbandonata?
Il problema grosso è che per anni questa musica è stata considerata un sottoprodotto da snobbare. L'intellighenzia venerava artisti che clonavano personaggi americani e inglesi ma nel nostro genere c'era tanta melodia e tanta armonia, l'abbiamo esportata in mezzo mondo. Basti pensare che è stato un punto di riferimento e fonte di ispirazione per grandi popstar come i Pet Shop Boys.

E vendeva anche all'estero...
Moltissimo. Pensiamo a "La Dolce Vita", che cantata dal mio amico Ryan Paris, pur con una pronuncia non esattamente perfetta è entrata nelle zone alte della classifica in Inghilterra. O a "Self Control", di un giovanissimo Raf, che rifatta da Laura Branigan è diventata una hit negli Stati Uniti.

Come hai scelto i brani da inserire nell'album?
Mi sono mosso tra i pezzi più conosciuti e quelli che mi piacevano. Su alcuni ho tentennato. Per esempio "Survivor", del mio amico Mike Francis, ho dubitato se farla o meno perché era molto caratterizzata dal suo timbro di voce, così particolare. Poi ci sono altri brani che non sono state hit ma sono cult per i fan del genere. Ma il tutto è stato fatto con grande divertimento.

In quel periodo l'Italo Disco spopolava nelle radio. Oggi quello è un mondo in cui è difficile che un brano di quel genere possa entrare. Che ne pensi?
Oggi è tutto standardizzato, un prodotto un po' diverso viene guardato con distacco. Però in fondo nel disco c'è un brano in italiano, spero di essere trattato come un qualsiasi cantante di X Factor. Dopo 35 anni di carriera me lo meriterei anche.

Mi pare di intuire che non ami molto i talent.
I talent non mi piacciono. Sono un tritacarne per i giovani artisti. Anche chi ha talento spesso viene stritolato da questo meccanismo: vengono creati uno o due personaggi e gli altri usati e gettati. E tempo che inizia la nuova stagione quelli dell'anno precedente vengono dimenticati. Ai nostri tempi le case discografiche ti concedevano anche tre o quattro album per crescere. Oggi al primo fallimento... "avanti un altro".

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