Si tende a datare la nascita di Nintendo all’epoca del pleistocene o più precisamente nel 1977, quando l’azienda gestita dal leggendario Hiroshi Yamauchi lanciò sul mercato giapponese due apparecchi dedicati ai videogiochi: Color TV Game 6 e Color TV Game 15, una raccolta di esperienze interattive in linea con i Pong dell’epoca. Non è così, Nintendo affonda le sue radici addirittura nel diciannovesimo secolo, quando nel 1889 venne fondata da Fusajiro Yamauchi. Si trattava, all’epoca, di una semplice bottega impegnata nell’arte della produzione di carte da gioco. Ma non è nemmeno della storia lunga quasi un secolo tra Nintendo e le carte di cui voglio occuparmi oggi.
Prima dei Color TV Game, prima dei Game & Watch, prima di Donkey Kong e della rivoluzione di Super Mario Bros. e molto dopo i mazzi di carte Hanafuda, è esistita una seconda Nintendo. Quella che si sarebbe poi naturalmente e logicamente trasformata nella Nintendo che conosciamo oggi, ma che ancora non aveva individuato nei giochi elettronici il suo futuro e tantomeno il presente. Il che ha il suo senso, considerando come negli anni ’60 (perché di questi, lustro più o lustro meno, stiamo parlando) i videogiochi praticamente non esistessero.
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L'Ultra Hand (1967) è stato il primo successo di Nintendo nel mondo dei giocattoli.
ULTRA HAND È una Nintendo che aveva allora un altro Shigeru Miyamoto, una mente tanto ingegnosa quanto inventiva, che avrebbe effettivamente preso sotto la sua ala protettrice il giovane Miyamoto anni più tardi. Era Gunpei Yokoi, responsabile di alcune delle trovate più improbabili e affascinanti della storia di Nintendo. Come l’Ultra Hand, un aggeggio che estendendosi e sfruttando un semplice meccanismo collegato a un filo, permetteva ai bambini di provare ad acchiappare un oggetto distante e di riportarlo a sé. Era il debutto di Nintendo nel mondo dei giocattoli e di Yokoi in quel del design. Ma se l’Ultra Hand è un mito conosciuto e raccontato tra i fan del colosso di Kyoto, è più difficile trovare traccia di altre strambe diavolerie dell’epoca.
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Gli N-B Block (1968) avevano ovviamente molto a che spartire con i LEGO.
N&B BLOCK Come le confezioni di N&B Block, in tutto e per tutta una scopiazzatura dei LEGO. Eppure funzionavano, il mercato giapponese apprezzò l’idea proposta a partire dal 1968 e che alla fine del suo ciclo vitale avrebbe portato a 40 differenti prodotti. Tra le particolarità degli N&B Block figuravano i pezzi arrotondati, mai visti nelle fila dei mattoncini danesi originali e ampiamente promosse dalle pubblicità piuttosto aggressive che Nintendo trasmise attraverso le televisioni locali.
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Il Love Tester (1969) è stato un vero successone in Giappone.
LOVE TESTER Solo un anno dopo, nel 1969, Gunpei Yokoi elabora una delle sue trovate più memorabili e divertenti, per quanto assolutamente semplice nell’intuizione di base. Il Love Tester, secondo le pubblicità dell’epoca, permetteva a due potenziali innamorati di calcolare il proprio grado di intesa, semplicemente tenendosi per mano e stringendo con l’altra un piccola sfera d’acciaio, collegata a quello che era un vero e proprio misuratore di conducibilità. Ma la scusa era sufficiente per stare vicini all’amata o all’amato, strappando più di un sorriso.
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Nintendo riuscì a vendere due milioni di Tenbillion (1980) in patria.
TENBILLION Spostiamoci al 1980, rimanendo però ancorati al nome di Yokoi, che assembla il Tenbillion. In un periodo dominato da giochi in grado di far sudare il cervello, come lo storico Cubo di Rubik, il designer di Nintendo prova a dire la sua. Lo fa con un cilindro in plastica trasparente riempito di palline colorate da organizzare attraverso i vari livelli orizzontali del Tenbillion in ordine cromatico. Una sua versione venne distribuita anche in Germania, non riuscendo comunque a replicare l’enorme successo riscosso in Giappone: due milioni di pezzi venduti!
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Il Mamaberica (1970) è un vero e proprio passeggino. Con qualche problema di troppo.
MAMABERICA Eccoci arrivati al pezzo forte, tra i tanti possibili. Mamaberica è quello che succede a Nintendo quando prova a diversificare fin troppo la sua proposta. “Mama/Baby/Best/Car”, questo il nome che dà origine alla contrazione Mamaberica, che nel 1970 indica molto semplicemente… un passeggino. Realizzato completamente in alluminio, risultava particolarmente leggero, ma anche piuttosto impreciso nell’assemblaggio, tanto da dare qualche problema di troppo durante la chiusura o il normale utilizzo. Primo e ultimo tentativo dell’azienda di Yamauchi nel campo dei prodotti per neo-mamme.
Ci sarebbero ancora decine e decine di esempi anche più strampalati di questi. Se volete approfondire la conoscenza di una Nintendo differente, vi consiglio la lettura di Storia di Nintendo 1889/1980 – Dalle carte da gioco ai Game & Watch (Multiplayer Edizioni).