"Non si può curare il corpo se non si prende in considerazione l’anima" (Platone). E' questo lo spirito che anima Il Passo, un’associazione di volontariato nata nel 2006 a Capriate San Gervasio (Bergamo) che si occupa dell’assistenza ai malati terminali in fase avanzata fino al termine della loro vita. Anche quest’anno Il Passo organizza - in collaborazione con la cooperativa sociale Euronursing - un corso di formazione per volontari in cure palliative. Tre le date in programma: 3-10-24 marzo presso il Centro Polifunzionale del Comune di Madone, Bergamo. "Il nostro principale obiettivo è poter riuscire a rubare un sorriso al malato prima che ci lasci, accompagnarlo alla morte con dignità", spiega a Tgcom24 Gian Paolo Sardi, membro dell'associazione.
Signor Sardi, l'associazione Il Passo si occupa dell'assistenza ai malati terminali. Come operate?
Facciamo parte della Federazione Cure Palliative, di cui seguiamo lo statuto. In particolare, prestiamo servizio sia a domicilio che presso l’hospice di Capriate. E' estremamente importante per il malato condividere gli ultimi momenti della sua vita con una giusta assistenza. Così com'è prioritario per i volontari rubargli un sorriso. Abbiamo anche uno sportello per agevolare i contatti con il pubblico presso il reparto di oncologia dell’ospedale di Zingonia (Bergamo), dove diamo indicazioni ai familiari sull'iter da seguire per ricevere assistenza. Tutte quelle pratiche burocratiche davanti alle quali il parente si trova inizialmente spiazzato. Abbiamo, inoltre, un magazzino di ausili - molto fornito soprattutto grazie alle donazioni - mediante il quale possiamo aiutare tutti quei degenti che, una volta usciti dall'ospedale, non hanno l'attrezzatura necessaria (deambulatori, lettini, carrozzine e quant’altro).
Anche la comunità, a suo modo, vi dà una mano...
Sì, siamo una piccola entità, ma molto sentita in zona. Creiamo eventi di raccolta fondi - perché, non essendo a scopo di lucro, viviamo grazie ai contributi della gente - che possano coinvolgere tutta la comunità. L’anno scorso, per esempio, abbiamo organizzato una serata dedicata al tango argentino, quello prima ancora ai cori gospel. Insomma tutte attività di promozione, atte a farci conoscere, e di raccolta fondi.
Ma l'apporto principale lo danno appunto i volontari. Quanti sono attualmente?
Una cinquantina.
Quanti volontari contate di formare durante l'imminente corso?
L’obiettivo è formare almeno 20-25 persone. Il candidato dovrà affrontare un colloquio preliminare con la nostra psicologa, partecipare ai tre incontri del corso e svolgere un tirocinio accompagnato da un volontario senior presso l’hospice, quindi sul campo. Dopo un ulteriore colloquio e una volta superata la selezione, il volontario potrà svolgere il suo compito presso le strutture in cui operiamo. La nostra serrata ricerca è dovuta al fatto che, per via di una delibera regionale dello scorso anno, le Adi (Assistenza Domiciliare Integrata) devono assorbire delle persone che si occupano di volontariato. Dunque, per riuscire a soddisfare le richieste di queste associazioni assistenziali che chiedono il nostro intervento abbiamo bisogno di personale in più.
Che aiuto può dare un volontario?
Un aiuto morale: i nostri volontari trascorrono del tempo con i malati, chiacchierano con loro per alcune ore. Non si tratta di un aiuto sanitario, bensì di un supporto morale appunto. A volte vanno dal medico per le ricette, in modo da poter alleviare i compiti dei familiari. E' una forma collaterale di assistenza. Il ruolo del volontario è fondamentale. Il settore di cui ci occupiamo è molto delicato e non tutti sono disposti a farlo. Spesso la "vocazione" arriva quando, come nel mio caso, si ha alle spalle un lutto importante.
I malati sono contenti di questo vostro supporto?
Tanto. Non tutti i malati possono contare su una figura di riferimento. A volte i figli o i parenti lavorano e non possono dedicarsi totalmente all'assistenza e al supporto. In questi casi soprattutto si viene a creare un rapporto intimo tra il volontario e il malato.
Quasi come una famiglia...
Esatto. E non le nascondo che quando i malati vengono a mancare per i nostri volontari - che sono delle persone squisitissime - è come se perdessero una persona cara, della famiglia, alla quale sono strettamente legati. A volte, addirittura, il malato si confida con il volontario - perché si instaura un rapporto diverso - ed è proprio quest'ultimo che deve suggerire al figlio e anche agli infermieri che comportamento adottare in certe situazioni.
Quindi ne giovano sia i volontari che i malati...
Assolutamente. E' un dare e ricevere costante.
Secondo lei il volontariato è in crisi?
Molto in crisi, in tutti i settori. Probabilmente si vive in una società dove l’agiatezza è tutto e si perdono di vista i valori che contano davvero in questa parentesi di vita terrena.